Eduardo Propper de Callejon nel giugno del 1940 era a Parigi in veste di Primo Segretario dell’Ambasciata di Spagna: alla resa della Francia alla Germania di Hitler, prevedendo ciò che sarebbe accaduto agli ebrei francesi, in soli quattro giorni rilasciò migliaia di visti di transito verso il Portogallo.
Quando il ministro degli Esteri della Spagna si accorse dei visti non autorizzati, trasferì immediatamente Propper de Callejon in Marocco.
Nel 1972 venne dichiarato come Giusto tra le Nazioni.
Nel 2008 Eduardo Propper de Callejon morì.
Eduardo Propper de Callejon era il nonno dell’attrice inglese Helena Bonham Carter nominata come partecipante presso la Holocaust Commission, istituita da David Cameron nel 2014.
Un gruppo di giovani tedeschi appartenenti all’organizzazione anti nazista Edelweiss Pirates
Durante la Seconda guerra mondiale numerosi giovani tedeschi si ribellarono al regime nazista confluendo in gruppi clandestini e quindi compiendo azioni contro il regime a rischio della propria vita.
Fra questi gruppi il più famoso è quello della Rosa Bianca che operò dal giugno 1942 fino al febbraio 1943, cioè quando la Gestapo arrestò tutti i componenti della Rosa Bianca e, dopo giorni di torture, li condannò a morte.
Anche gli Edelweiss Pirates (I Pirati della Stella Alpina) era composto da giovani che si ribellarono al nazismo ostentando il loro modo di vivere con balli, canti e costume sociale ritenuto scandaloso dal nazismo.
Non si limitarono ad un’azione plateale, ma offrirono rifugio ai fuggitivi dai campi di concentramento, si scontrarono con i membri della Gioventù hitleriana e riempirono i muri delle città tedesche di scritte contro Adolf Hitler.
Purtroppo anche loro finirono vittime della Gestapo e senza nessun processo, condannati a morte.
Nel 2005 amministrazione della città di Colonia ha riconosciuto ufficialmente la Edelweiss Pirates come combattenti della resistenza anti – nazista.
Alla cerimonia di allora parteciparono anche quattro appartenenti all’organizzazione riusciti a fuggire dalla cattura della Gestapo proseguendo nella loro opera contro la dittatura.
Fotogramma tratto dal film “La Maschera di Ferro” di Allan Dwan
Chi era lo sfortunato individuo che, nella Parigi del 1703 durante il regno di Luigi XIV, venne imprigionato ed il cui volto nascosto dietro una maschera di ferro?
A parte che la maschera non era di ferro, bensì di velluto nero, la leggenda sull’identità dell’uomo ebbe inizio quando Alexander Dumas padre, raccogliendo la testimonianza di Voltaire imprigionato per un breve periodo alla Bastiglia, ne scrisse inserendolo come personaggio nella trama del suo romanzo Il visconte di Bragelonne.
Voltaire, in effetti, durante la sua prigionia nella Bastiglia, raccolse i racconti delle guardie del carcere che parlavano, per l’appunto, di un carcerato trattato molto bene (rispetto allo standard riservato agli altri galeotti) però con il viso celato da una maschera.
Voltaire, alla conclusione delle sue ricerche, affermò che egli non era altro che il fratello gemello di Luigi XIV, la stessa tesi utilizzata per il film del 1998 “La maschera di ferro” del regista Randall Wallace con Leonardo Di Caprio come interprete principale.
Oggi è il docente di storia, presso l’Università della California, Paul Sonnino ad avanzare una nuova ipotesi sulla vera identità dell’ uomo dalla maschera di ferro.
Paul Sonnino sull’argomento ha scritto un libro: “The Search for the Man in the Iron Mask: A Historical Detective Story” (Rowman & Littlefield, 2016).
in esso viene svelato il nome di Eustache Dauger, un semplice valletto del tesoriere del cardinale Mazzarino, e che la sua detenzione fu a causa di “rivelazioni inopportune”, da parte del cameriere, sui conti finanziari del cardinale.
Detto questo, rimane un dubbio: se è vero che dietro la maschera di ferro vi era l’identità di un semplice cameriere, perché imprigionarlo per tanti anni, quasi trenta, se la soluzione più ovvia (per il potere di allora) sarebbe stata quella di far sparire in maniera definitiva lo scomodo testimone?
Dubbi e ancora dubbi: nel frattempo si può guardare il film del 1929 “la maschera di ferro” del regista Allan Dwan
Vignetta satirica dell’epoca che raffigura la “Dottrina di Monroe” attraverso la fuga di uno schiavo verso la libertà tra le mura del forte
Fort Monroeè stato un sito militare molto importante durante la guerra civile americana, sia per la sua posizione di controllo riguardo il canale di navigazione tra la baia di Chesapeake e quelli della baia di Hampton Roads ma, soprattutto, una via di salvezza per gli schiavi di colore in fuga dai territori confederati.
Infatti, con “La dottrina di Fort Monroe”, il generale Benjamin Franklin Butler il 27 maggio 1861 prese la decisione di considerare tutti gli schiavi fuggitivi come “prede di guerra” e quindi non restituibili ai loro ex – padroni.
Liberati dalla tirannia sudista, gli uomini di colore vennero utilizzati per i lavori di manutenzione e rinforzo del presidio militare che, intanto, venne ribattezzato con il nome di Fort Freedom.
Dalla storia ad un mito creato intorno alla canzone “Go Down Moses” che divenne l’inno di battaglia di questi uomini ritornati liberi.
Secondo una recente ricerca di alcuni storici americani, nel testo di Go Down Moses era celato un codice contenente istruzioni segrete per la fuga verso la libertà.
Quest’inno ha comunque avuto un grandissimo successo nella musica afro –americana, in particolar modo nello spiritual: tra le sue versioni quella di Louis Armstrong è certo una delle più famose.
Contrapposto a quello che per molti è il lato oscuro di “Big Pharma”, cioè la lobby delle grandi multinazionali del farmaco che detengono il monopolio dei brevetti sui farmaci, esistono realtà contrapposte che al guadagno mettono in primo piano la salute della popolazione.
Naturalmente, a difesa dei propri interessi, le grandi multinazionali del settore si difendono ponendo la questione sugli ingenti investimenti che esse devono affrontare per la ricerca e, quindi, il prezzo del farmaco dovrà essere per forza alto per generare l’utile.
La vita dei farmaci generici è legata alla durata temporale del brevetto che li copre: al temine di questo periodo il farmaco può essere commercializzato come generico riportando il nome del principio attivo.
A questo punto è d’obbligo fare un ulteriore distinzione: esistono due tipologie di brevetto, la prima viene definita come prodotto, cioè protegge la scoperta di un principio attivo. Mentre il brevetto di procedimento tutela il processo di sintesi di una determinata molecola.
Nel 1970, attraverso l’Indian Patens Act, consentiva, ammettendo un brevetto di procedimento della durata di sette anni, la produzione di farmaci generici il cui principio attivo era coperto da brevetto di prodotto di altre aziende farmaceutiche (solo venticinque anni dopo, cioè nel 1995, l’India ha riconosciuto i brevetti di prodotto, aderendo all’accordo Trips).
Il ruolo che le case farmaceutiche indiane hanno nel commercio dei generici, è fondamentale per i Paesi in via di sviluppo: basta pensare che la spesa per la cura antiretrovirale per i pazienti HIV è di un dollaro al giorno. Per questo, organizzazioni umanitarie come Medici senza Frontiere, ad esempio, utilizza per la quasi totalità dei suoi interventi, farmaci essenziali per la cura dell’HIV, della tubercolosi e della malaria (ed altre malattie non trasmettibili) prodotti da case farmaceutiche indiane.
Ciplaè una di queste case farmaceutiche indiane: fondata nel 1935 per volere di KA Hamied chimico ed imprenditore, nonché attivista e stretto collaboratore del Mahatma Gandhi, si batté fin dall’inizio della sua carriera imprenditoriale affinché fossero abbattute le barriere etniche e di reddito che non consentivano cure adeguate alla stragrande maggioranza della popolazione.
Singolare fu la sua definizione riguardo alla monopolizzazione dei farmaci da parte di Big Pharma: un “genocidio selettivo nel settore sanitario”, frase che volle ridefinire in quella di “assistenza sanitaria universale”.
Sir Isaac Newton – Ritratto di Sir Godfrey Kneller (Olio su tela – 1702, particolare)
Isaac Newton (1643 -1727) nel 1687 pubblicò Philosophiae naturalis principia mathematica, opera in cui descriveva le scoperte (ed intuizioni) che ebbe quasi un ventennio prima.
Infatti, nel 1666, lo scienziato e filosofo pose i fondamenti del calcolo infinitesimale nell’analisi matematica (scoperta contesa da Leibniz). Quindi, in quello che molti definiscono il suo annus mirabilis, seguì la legge della gravitazione universale e la scoperta della natura dei colori nella luce.
Queste scoperta, dopo la pubblicazione della sua opera, lo resero famoso spianandogli sia la strada per una professione nella politica (nel 1701 venne eletto nel parlamento inglese), sia per cariche prestigiose come quella di presidente della Royal Society nel 1703. Infine, due anni dopo, nel 1705, gli fu conferito il titolo di <<Sir>>.
Fin qui la figura del pensatore e filosofo è legata soprattutto al mondo scientifico, ma Newton aveva anche interessi per l’ermetismo, alchimia ed astrologia: il suo commentario alla Tabula smaragdinaè un manoscritto oggi conservato presso il King’s College di Cambridge.
Fu l’ Università di Cambridge, nel 1936, a volere che Sotheby mettesse all’asta parte dei manoscritti di Newton incentrati sull’alchimia e teologia.
La storia vuole che proprio quel giorno, nella stessa strada dove si svolgeva l’asta di Sotheby, ve ne era un’altra su capolavori degli impressionisti tenuta da Christie. Fu così che i manoscritti di Newton videro solo due acquirenti: l’economista John Maynard Keynes, e l’esperto negli affari del Medio Oriente Abraham Shalom Yahuda.
Non sappiamo come l’asta proseguì e quali furono le offerte per accaparrarsi i manoscritti, ma i due contendenti arrivarono comunque ad un accordo: all’economista andarono i manoscritti inerenti all’alchimia, mentre Yahuda venne in possesso di quelli che parlavano di teologia.
Nel 1951 Yahuda morì lasciando i manoscritti in eredità alla Biblioteca Nazionale di Israele. In essi si scopre che Newton, oltre che a scrivere di misticismo ed esegesi, arrivò ad affermare che nel Talmud era nascosta una conoscenza segreta del mondo, fino alla fine di esso: nel 2060.
Nel frattempo i manoscritti conservati presso la Biblioteca Nazionale di Israele possono essere visualizzati andando su questa pagina.
Il 3 maggio 1917 dal porto di Marsiglia salpa un piroscafo inglese con a bordo 3400 militari: è la Transylvania che, da lussuosa nave per le crociere, verrà requisita dalla Royal Navy e destinata al trasporto delle truppe.
La sua destinazione era il porto di Alessandria d’ Egitto, a scortarla due cacciatorpediniere giapponesi: il Matsu ed il Sakaki.
Il suo viaggio, però, terminò il giorno seguente quando nel ponente ligure, nello spazio marino tra Capo Noli e Capo Vado, viene intercettato da un sottomarino tedesco e affondato con due siluri.
Dalle due navi giapponesi di scorta partono immediatamente i soccorsi ai naufraghi, ma anche dalle cittadine rivierasche i pescatori si adoperano per soccorrere gli sventurati mettendo in acqua le loro imbarcazioni.
Alla fine si contarono più di quattrocento vittime, ed è certo che la tragedia poteva avere dimensioni maggiori senza l’aiuto dei pescatori liguri in apporto all’azione dei marinai giapponesi.
Fin qui la storia documentata. Dopodiché, con il passare del tempo, altri racconti si sommano alla verità.
Soprattutto quella che vuole la presenza dei due cacciatorpediniere giapponesi anche al fatto che la Transylvania oltre ai soldati trasportasse un ingente carico di sterline d’oro destinato alle paghe dei militari inglesi in Egitto.
Anzi, sempre secondo i fatti di questa “altra storia”, un frate di un monastero ligure (di cui l’ubicazione non è nota) lasciò scritto in una nota che uno dei marinai da lui curato gli confidò l’esistenza di questo tesoro, e per conferma mostrò al religioso alcune monete d’oro.
Nel 2012 il relitto della Transylvania fu ritrovato dal nucleo sommozzatori del Centro carabinieri subacquei di Genova, ad una profondità di 630 metri al largo dell’isola di Bergeggi.
Il presunto tesoro resterà sempre sepolto nella fantasia delle leggende del mare.
Nel 1965 usciva nelle sale cinematografiche italiane la quarta avventura dell’agente segreto 007, alias James Bond, e cioè Thunderball (Operazione tuono).
Allora, l’agente segreto britannico (impersonato dall’intramontabile Sean Connery) doveva impegnarsi per recuperare delle testate atomiche disperse in mare, operazione naturalmente ostacolata dai “cattivi “ di turno.
La realtà, però, sembra aver copiato al meno per una volta la finzione del racconto: un mese dopo la premiere di Thunderball, cioè il 17 gennaio del 1966, nei cieli di Palomares (Spagna meridionale) un bombardiere americano B-52G con quattro bombe ad idrogeno a bordo, si scontra con un areo cisterna KC-135.
Nello scontro morirono i quattro componenti dell’aereo cisterna e tre dei sette uomini dell’equipaggio del B-52: nessuna vittima, per fortuna, tra i civili di Palomares.
Fu il seguito della tragedia a creare un più che giustificato panico tra la popolazione: i quattro ordigni atomici (di cui uno, finito in mare, venne recuperato quattro mesi dopo; da qui l’analogia con il film Operazione tuono) avevano un sistema di sicurezza formato da paracaduti per un “atterraggio morbido” in caso di incidente. Purtroppo i paracadute di due delle bombe non funzionarono a dovere, conseguentemente, nell’impatto con il terreno, andarono disperse nell’aria ossidi di plutonio ed uranio, elementi notoriamente molto pericolosi specie se inalati.
Immediatamente il governo degli Stati Uniti fece partire le operazioni di bonifica in collaborazione con il governo spagnolo e varare un programma annuale di verifica sulla salute dei residenti e monitoraggio del suolo, dell’acqua e dell’aria.
Da allora i dati clinici e fisici sembrano confermare che nessun caso di decesso sia avvenuto per contaminazione da plutonio.
Indagini giornalistiche hanno evidenziato come il pericolo sia ancora presente: 40 ettari di terreno recintati sono tutt’ora contaminati dal plutonio. Il pericolo è che questo imprecisato quantitativo letale (qualcuno si è spinto a stimarlo intorno agli 11 chilogrammi) possa essere disperso al di fuori dell’area recintata, con le conseguenze facilmente immaginabili. Anche Greenpeace si è mossa a tale riguardo per la richiesta di nuovi studi al fine della rivalutazione dell’inquinamento.
Altra conseguenza negativa è l’aspetto economico: quando l’incidente di Palomares viene ricordato dai media (non è il caso di questo blog), automaticamente vi è un calo delle presenza di turisti impauriti dalla possibilità (molto remota) di ammalarsi di cancro. Anche i prodotti agricoli locali subiscono un deprezzamento dovuto alla fama negativa.
È cronaca recente l’incontro tra il ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Garcia-Margallo ed il Segretario di Stato John Kerry, per l’impegno alla bonifica totale del terreno ancora contaminato.
Ritornando indietro nel tempo, al 1966 quindi, a sminuire l’allarme ad ogni forma di contaminazione, fu chiamato l’allora ambasciatore americano Angier Beiddle Duke che si esibì in un bagno fuori stagione a dimostrazione della salubrità dell’acqua marina ( nel video, a dire il vero, i più coraggiosi sembrano essere i fotografi che, vestiti dei loro abiti, inseguono l’ambasciatore in acqua per una foto).
Ma cosa ci faceva un areo militare americano con quattro bombe atomiche nei cieli spagnoli?
All’epoca si era in piena Guerra Fredda: gli Stati Uniti facevano volare costantemente, in tutte le aree del mondo, i loro B-52 armati di bombe nucleari per scoraggiare l’ acerrima nemica Russia nel fare il primo passo verso una guerra catastrofica.
Nell’immagine è rappresentata la mappatura dei diritti degli appartenenti ai gruppi LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali) riferita ad ogni singolo stato.
Il colore verde rappresenta l’eccellenza, all’opposto quello rosso dove tali diritti vengono costantemente disattesi.
Nell’eccellenza troviamo la piccola Malta che, partendo da una posizione di negazione dei diritti LGBTI, ha totalmente capovolto la situazione sia agendo con leggi anti – discriminanti che con azioni dirette al tessuto sociale partendo dall’istruzione scolastica fondamentale per la conoscenza di altre realtà.
L’Italia, come si può vedere nella mappatura, è sicuramente in una posizione per nulla invidiabile.
Questa mappatura è opera dellaILGA EUROPE (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) riferita ad una ricerca di maggio 2015.
ILGA Europe si presenta come “forza trainante per il cambiamento politico, legale e sociale a livello europeo. La sua visione è di un mondo, dove la dignità, le libertà e il pieno godimento dei diritti umani siano protetti e garantiti a tutti, a prescindere dal loro status di orientamento sessuale, reale o percepita, identità di genere, espressione di genere, e intersessuale”.
L’uomo ritratto nella foto si chiamava Feng-Shan Ho ed era, tra il 1938 e il 1940, console generale cinese a Vienna.
Proprio grazie a questa sua posizione, disobbedendo agli ordini dei suoi superiori, riuscì a salvare la vita a quasi duemila ebrei, il cui destino sarebbe stato quello della deportazione, fornendo loro dei visti di espatrio.
Feng-Shan Ho nel 1970 si trasferì a San Francisco e solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1997, si ebbe notizia di ciò che aveva fatto: nel 2000 venne riconosciuto dal governo israeliano come “Giusto tra le nazioni”.