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Due uomini dai destini molto diversi: Isaac Babel e Merian C. Cooper

 

Nel 1920, durante la guerra che vide contrapposte le nazioni  di  Polonia e Russia, Isaac Babel (Odessa, 1 luglio 1894 – Mosca, 27 gennaio 1940), giornalista e scrittore russo,   venne inviato al  fronte  come corrispondente di  guerra.

 

Da questa sua   esperienza  Babel ne trasse il materiale necessario  per scrivere  1920 Diary :  il resoconto della devastazione della guerra e  dei  soprusi  di  entrambi  gli  eserciti verso  la popolazione civile, specie quella di  origine ebraica in Ucraina e Polonia  orientale, tragedia che sentiva sua essendo  lui  stesso  ebreo.

Tra le pagine di  questo  libro è descritto l’  interrogatorio di Merian C. Cooper (Jaksonville, 24 ottobre 1893 – San Diego, 21 aprile 1973)  , un aviatore americano appartenente allo squadrone Kosciuszko  composto  da volontari in sostegno  dell’esercito polacco.

Merian C. Cooper  venne abbattuto il 26 luglio del 1920. Trascorse nove mesi di  prigionia in un campo  russo da cui  riuscì a fuggire prima della fine della guerra.

Ed è  a questo punto  che la storia vede i  due protagonisti  seguire il loro  destino: l’uno drammatico, l’altro pieno di  successi.

Isaac Babel  nel 1939 venne arrestato  con l’accusa di  spionaggio. Dopo un interrogatorio estenuante gli  venne estorta una confessione che lo porterà davanti al plotone di  esecuzione il 27 gennaio  1940.

Sua moglie, Antonina Pirožkova, conobbe la fine di  suo marito dopo  15 anni.

Il 23 dicembre 1954, dopo  la morte di  Stalin, Isaac Babel  venne pubblicamente riabilitato e quindi  scagionato  dalle accuse che lo portarono  alla sentenza di morte.

Ben diverso fu invece il destino  di Merian C. Cooper: con il suo  amico Ernest B. Schoedsack fondò una casa di  produzione cinematografica dapprima specializzata in documentari  e, in seguito, in quella di  film all’epoca spettacolari.

Il più famoso tra questi  quello  del 1933: King Kong .

Nel 1954 gli  verrà assegnato l’Oscar per la carriera.

 

 

 

GeoResQ: un servizio per la sicurezza in montagna

Passo Giau / 24Cinque ©

 

Chiunque frequenti  la montagna in modo corretto, quindi  con attrezzatura adeguata e piena conoscenza dei propri limiti  fisici, comprende che la sicurezza è un tema fondamentale da non essere fondamentalmente trascurato.

Purtroppo, nonostante l’esperienza costruita in anni  di  frequentazione dell’ambiente montano,  un evento  negativo è sempre possibile: da qui  la necessità di munirsi di  tutto  quello  che tecnicamente è possibile per la nostra incolumità e, cioè, dal vestiario  adeguato per affrontare un repentino  cambio atmosferico, fino ad un supporto  tecnologico.

Riferendoci alla tecnologia, qualunque tipo  di  smartphone (per non parlare dei  telefoni  satellitari) permette di inviare richieste d’aiuto in caso  di pericolo attraverso l’utilizzo di  appositi  applicativi.

GeoResQ è un servizio  di  geolocalizzazione ed inoltro delle richieste d’aiuto gestito dal  Corpo Nazionale Soccorso  Alpino e Speleologico (CNSAS) e dal Club Alpino Italiano  (il servizio  è gratuito  per i  soci  CAI) .

L’App è scaricabile dagli  store dei  diversi  sistemi operativi  per smartphone.

 

 

Bea Wain

Beatrice (Bea) Wain

 

Bea Wain:  di  certo  questo nome ai più rimane sconosciuto, anche se per gli  appassionati  delle Big Band, cioè le orchestre di  musica jazz formate da più elementi che,  nate  intorno  agli anni ’20 e fino  agli  anni ’50,  il personaggio  legato  al nome di  questa vocalist è noto.

Beatrice Wain, questo era il suo nome completo, era nata il 30 aprile 1917 a New York (nel  Bronx) da genitori di origine ebraica immigrati  dalla Russia, ed è morta il 19 agosto  scorso  all’età di  cento  anni.

La sua carriera iniziò da autodidatta, ed  ebbe una svolta  quando  la rivista Billboard nel 1939 la giudicò la migliore cantante presente nelle  Big Band.

Bisogna, però, andare indietro  di un solo  anno e cioè quando  nel 1938 lei  registrò con la Larry Clinton Orchestra la canzone Over the Rainbow  togliendo, per così dire, la primogenitura a Judy Garland che la canterà nel  film The Wizard of Oz  (Il Mago  di  Oz ) del 1939 diretto  da Victor Fleming.

 


 

 


 

 

 

 

 

Melodie aliene dalle Fasce di van Allen

 

il  30 agosto  2012 la NASA lanciò due sonde spaziali identiche per la missione Radiation Belt Storm Probes (RBPS) con lo scopo  di  studiare le regioni  dello spazio  circumterrestre chiamate Fasce di  van Allen.

Semplificando  le Fasce di  van  Allen possono essere immaginata come una grossa ciambella (geometricamente un toroide) composte da un plasma di particelle cariche, trattenuto dalla forza del  campo  magnetico  terrestre.

Le Fasce di  van Allen si  dividono in una zona interna stabile composta da un plasma di  elettroni  e ioni positivi, una zona esterna composta da soli  elettroni ad alta energia e molto più dinamica.

In effetti gli  strumenti  a bordo delle due sonde hanno  evidenziato  la presenza di una terza fascia transitoria più esterna nella fase di  comprensione verso  l’interno  delle due sopra citate.

A bordo  delle sonde della missione RBPS sono alloggiate una suite di  strumenti (EMFISIS) per misurare il campo elettrico  e magnetico, compreso fra i 10 Hz ed i 400 kHz, dei  settori  delle Fasce di  van Allen . 

Craig Kletzing, professore di  fisica dell’Università dello  Iowa, ha trasformato le onde elettromagnetiche registrate da EMFISIS in un suono percettibile dall’orecchio umano (si  ricorda che il nostro  campo  uditivo è compreso  fra i 20 Hz e 20 kHz).

Il risultato è un suono alieno ma, in un certo  senso, affascinante.

 

TRACCE AUDIO

 

TRACCIA 01 

TRACCIA 02

TRACCIA 03

 

Autocombustione umana: dalla fantascienza alla (fanta)scienza

 

Nella cittadina americana di  Whiteford una ragazza va in cucina a preparare il  caffè lasciando il padre seduto  nella sua poltrona. Quando  ritorna dopo  pochi minuti,  la stanza è piena di  fumo ma non c’è più incendio: ciò che è bruciato (dall’interno) e ridotto in finissima cenere, è soltanto  suo  padre.

Si scopre allora  che testimonianze più o  meno  credibili sul fenomeno  del  CUS (Combustione Umana Spontanea) si  erano  avuto  fin dall’antichità. E pochi  giorni  dopo, nella stessa cittadina, un secondo  caso  si  verifica sotto  gli occhi dello  stesso  scettico  giornalista che sta indagando  sul primo. L’ “autocombustione umana” è ormai un fatto  accertato. resta solo  da spiegare chi  o  che cosa si  nasconda dietro il mostruoso  fenomeno.

Trattandosi  di un romanzo  di  fantascienza dello  scrittore irlandese Bob Shaw, possiamo  essere sicuri  che il fenomeno dell’Autocombustione umana   ( che è anche il titolo  del libro  pubblicato nel 1985  nella collana Urania – Mondadori)  era dovuto esclusivamente all’intervento extraterrestre.

Eppure esistono  centinaia di  casi in cui i resti  di persone carbonizzate nelle proprie abitazioni, senza segni  di incendio  esterni, sono ritenuti  ancora non del  tutto  spiegabili  scientificamente.

 

Pagina del British Medical Journal con l’immagine di un caso di autocombustione (aprile 1888)

 

Tralasciando le fantasie del pirotrone, dovute al  genio  autodidatta di un autista di  autobus tale Larry E. Arnold che ne fece tema di un suo  libro  nel 1996, e dell’autocombustione, questa volta metaforica, che riguarda i partiti  secondo quanto  dice Beppe Grillo  nel  suo  blog, la scienza (quella vera) si è interessata al  fenomeno  dell’autocombustione già a partire dal 1888 quando il prestigioso British  Medical  Journal  ne riportò alcuni  casi.

 

 

 

 

 

 

 

Come si  è  precedentemente detto non vi è ancora una spiegazione univoca al fenomeno  dell’autocombustione umana.

Volendo  restare nel  campo  della razionalità l’articolo del CICAP (Comitato  Italiano per il Controllo  della Affermazioni  sulle Pseudoscienze) a titolo Combustione umana spontanea: un mistero in cenere  può essere di  aiuto  a dissipare qualche dubbio.

Altrimenti  muniamoci  di  estintore: non si  sa mai!

 

 

 

 

Lycosa aragogi: l’incubo di Harry Potter è realtà

Lycosa aragogi

 

Sarà anche irrazionale la paura verso i ragni (Aracnofobia), ma chi  ne è vittima, alla vista di un ragno, non si  ferma a pensare ai  significati  reconditi  della psiche umana, quanto piuttosto a mettere più distanza possibile tra lui  e  l’aracnide: in pratica viene messa  in atto  una fuga precipitosa.

Quindi è comprensibile il disagio di  chi spettatore di una puntata della saga di  Harry Potter (Harry Potter e la camera dei  segreti),  si  è confrontato  con le immagini  riguardanti le misure extralarge di Aragog (Acromantula definizione tratta dal  lessico  zoologico potteriano) ed i suoi  figli.

In realtà vi  sono  persone (non poche) che adorano  i ragni  fino a farne animali  da compagnia ma, tralasciando  il fatto che avere un cane o un gatto come amico è senz’altro più soddisfacente dal punto  di  vista empatico, è interessante conoscere qualcosa di più su  questi (poco) graziosi componenti  del  regno  animale.

Alizera Naderi, entomologo  iraniano, ha da poco  scoperto nella regione montagnosa di Kerman (sud -est dell’Iran) la tana di una nuova specie di  ragno lupo : il ricercatore, probabilmente anche fan  di  Harry Potter, ha deciso  di  chiamare il ragno Lycosa aragogi in onore di  quello inventato dalla fantasia della scrittrice J.K Rowling.

Lycosa aragogi ha un corpo lungo poco  meno di  tre centimetri (zampe escluse): quindi molto più piccolo di  Aragog ma sempre di misura ragguardevole per gli standard normali legati  alla realtà.

La sua tattica di  caccia, come quella di  altre specie di  ragno lupo (in Italia la Lycosa tarantula), non prevede la fabbricazione di  ragnatele per catturare le prede: in questo  caso la caccia avviene di  notte quando il ragno  esce dalla sua tana per inseguire la preda.

Essi hannp una capacità visiva superiore rispetto  agli  altri  ragni: quattro  degli otto  occhi  del  ragno lupo hanno dietro  alla retina un tappeto iridescente simile a  quello  dei  gatti  che aiutano nella visione notturna.

Le femmine hanno uno sviluppato istinto materno: recano  sul loro  dorso  le uova e, in seguito,  trasportano i nuovi  nati sempre sul dorso nutrendoli per le prime settimane.

Una specie amorevole

 

Progetto “Cammini e Percorsi”

 

Via Francigena, Cammino  di  Francesco, Cammino di San Benedetto sono   tra i più importanti tracciati storico – religiosi  del nostro  Paese.

La Via Francigena con  i suoi  1.800 chilometri  di  sviluppo percorribili in 79 tappe da Canterbury  a Roma, delle quali ben 45 di  esse sono sul nostro  territorio,  rientra al pari  del  Cammino  di  Santiago nel progetto degli Itinerari Culturali  Europei

Di seguito i link dei Cammini citati  ad inizio  articolo

VIA FRANCIGENA 

CAMMINO DI  FRANCESCO 

CAMMINO  DI  SAN BENEDETTO 

Per quanto  riguarda tutti  gli  altri percorsi nazionali è  da tempo che si procede ad una loro  rivalutazione e sviluppo,  nell’ottica di un turismo culturale che richiama sempre più interesse.

Per quanto  riguarda l’accoglienza dei  camminatori  e   ciclisti che in ogni  stagione percorrono queste vie, è interessante il progetto  Valore Paese – Cammini e Percorsi  (vedi  box a fine articolo).

L’obiettivo  di  questo nuovo  progetto, voluto dall’ Agenzia del Demanio e promosso dal Mibact e MIT   con il supporto  del  Touring Club Italiano,  è quello  del  recupero gli immobili pubblici  posti  lungo  i percorsi storico – religiosi  e ciclopedonali per trasformarli in ostelli, piccoli  hotel, punti  di  ristoro e assistenza, ciclofficine.

Gli immobili,  in concessione gratuita con contratto di  durata di 9 anni + 9 al  rinnovo, verranno assegnati  attraverso un bando di  gara con unica limitazione agli under 40 per i  soggetti proponenti progetti  di  riutilizzo  degli immobili.

 


 

 


 

 

Un terremoto per la Sacra Sindone

La Sacra Sindone

 

Ed ecco  che il velo  del  tempio  si  scisse in due parti  dall’alto in basso, la terra fu  scossa e le rocce si  spaccarono, i sepolcri  si  aprirono  e molti  corpi  di  santi che riposavano  resuscitarono, ed usciti  dai  sepolcri, dopo  la sua resurrezione entrarono nella città santa e si  manifestarono  a molti. Il centurione e coloro  che facevano  la guardia a Gesù, veduto il terremoto e quello  che avveniva, ebbero  gran  paura….    

Il brano  è tratto  dal Vangelo secondo  Matteo che, per  i  biblisti, è stato  scritto  da un anonimo  compilatore verso  la fine del  I secolo in lingua greca, utilizzando  come fonte la narrazione del Vangelo  secondo  Matteo e quella tratta dalla cosiddetta  Fonte Q.

Il tema di  questo  articolo non è però inerente alla storia dei  vangeli, quanto piuttosto il riferimento è quello  all’evento  sismico descritto  nel passo  del  Vangelo  di  Matteo.

Basandosi sui  dati  forniti dall’archivio  del National  Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), si può vedere come effettivamente vi  sia stato un terremoto  nella Palestina del 33 d.C.

 

Questo  tragico  evento. o per meglio  dire i  suoi  effetti  fisici, ha un legame con un simbolo  della cristianità: la Sacra Sindone.

La questione che la Sindone sia un falso  medievale, oppure l’immagine reale in negativo  di   Cristo, ha sempre suscitato  numerose diatribe tra le opposte fazioni in sostegno  dell’una o  dell’altra ipotesi.

Una ricerca del  2014, condotta da un team del  Politecnico  di  Torino guidata dal professor Alberto  Carpinteri,  ha messo in relazione il sisma con  la Sindone ipotizzando  che l’impressione dell’immagine sul telo  era dovuta all’emissione di  neutroni dovute alle onde di  alta frequenza generate nella crosta terrestre durante i terremoti.

La stessa radiazione, sempre secondo la tesi  dei  ricercatori, avrebbe in qualche modo  alterato  la concentrazione degli isotopi  del  carbonio 14 presenti  nel  tessuto  di lino falsandone, quindi, la datazione.

Naturalmente anche questa ricerca del Politecnico  di  Torino è solo un’ipotesi  che non fornisce la certezza assoluta sulla originalità della Sindone.

I recinti di Avebury più antichi di Stonehenge

Veduta aerea degli scavi nei pressi di Avebury

Non passa giorno  che nuove scoperte archeologiche stimolano  la curiosità e la fantasia solo  perché vengono pubblicizzate dai  media con l’aggettivo  di misteriose.

Ed è questo l’esempio  di una scoperta risalente agli  anni ’80  avvenuta  ad Avebury, a soli  37 chilometri  dal  sito di  Stonehenge.

 

Durante i lavori  di posa di una pipeline vennero  alla luce i resti  carbonizzati di due enormi  recinti protetti  da palizzate in legno.

Un successivo  ritrovamento  di  un manufatto  in ceramica all’interno  di uno  dei  due recinti, e la sua datazione attraverso  analisi del  carbonio,  determinò una datazione intorno  al 2.500 a.C., cioè coevo  ale prime pietre erette di  Stonehenge.

Con il passare del tempo  anche le analisi  al  radio  carbonio  si  sono  affinate, per cui, una successiva stima su  altri  manufatti  ed ossa di  animali ritrovati in loco, retrocede di ottocento  anni  la prima datazione effettuata con il vecchio  metodo.

Sull’utilizzo dei  due recinti  si  sono  fatte alcune  ipotesi, una di  esse parla di luoghi  di  ritrovo connessi ad antichi  riti legati alla caccia.

Comunque sia, tutta la zona attorno  ad Avebury è ricca di siti  archeologici la cui fruizione è ancora da chiarire.

 

Un antico e misterioso megalite scoperto in Russia

Il megalite raffigurante un grifone ritrovato nella regione dell’Altaj (Russia)

 

Bisogna aguzzare la vista per scorgere nell’immagine il profilo di un grifone scolpito  nella roccia:  dietro  alla sua realizzazione rimane il mistero del popolo che lo  ha realizzato.

La scoperta, avvenuta nel 2013 ma solo  recentemente resa pubblica, è stata localizzata presso il monte Mokhnataja a 20 chilometri  dalla città di Belokurikha nella regione di  Altaj  (Russia).

Per gli  archeologi l’età del megalite risale tra gli 11.000 e 12.000 anni fa durante l’ultima glaciazione (i  megaliti di  Stonehenge sono  stati  eretti  all’incirca 2.500 anni fa).

Gli  archeologi, comunque, rimangono   cauti  nell’attribuzione di una datazione certa fintanto  che non si  stabilisce qualcosa di più sulla civiltà che ha eretto il megalite  e che, molto probabilmente, ha un legame con una possibile migrazione forzata dovuta all’era glaciale.

 

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