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I varani in Europa 800.000 anni fa

Varanus komodoensis

 

La famiglia dei  varani, di  cui  il drago  di  Komodo  è la specie più conosciuta, era considerata scomparsa dall’Europa all’incirca verso  la fine del  Pliocene, cioè 2,5 milioni  di anni fa.

Il ritrovamento trent’anni  fa  di alcuni  fossili in Grecia, a Tourkovounia vicino  ad Atene, e conservati  in una raccolta  custodita dall’Università di  Torino, sono  stati recentemente  riesaminati    dal paleontologo  greco Georgios Georgalis che ha stabilito la loro età risalente ad 800.000 anni  fa, quindi molto  dopo  la fine del Pliocene.

 

I fossili, un pezzo  di  cranio  ed uno  di  mandibola della lunghezza di pochi  centimetri, son stati  comparati anatomicamente ai  varani: certo le loro  dimensioni non erano  quelle del  drago  di  Komodo, ma molto inferiori forse come adattamento  ad un clima che diventava sempre meno caldo.

 

 

Proteggiamo il lupo italiano

 

Per primo  fu  lo  zoologo italiano Giuseppe Altobello che, negli  anni ’20 del  secolo  scorso  studiando  la popolazione del lupo appennino, intuì che la sottospecie Canis lupus italicus  fosse unica al mondo.

Oggi, dopo  quasi un secolo, quell’intuizione è diventata certezza grazie allo  studio di un team di  scienziati  appartenenti  a nove nazioni  europee.

La ricerca, pubblicata su Plos One e visibile nel  box a fine articolo, è arrivata a questa conclusione studiando la variabilità genetica di  cinque diverse popolazioni  europee di lupi scoprendo, quindi, che quella italiana presentava un corredo  genetico distinto  dagli altri  gruppi.

La notizia, importante dal punto  di  vista scientifico, dovrebbe stimolare ad una maggiore attenzione per la protezione e conservazione del lupo italiano, anziché cadere nella faciloneria di  chi ne vorrebbe limitare la popolazione attraverso abbattimenti  selettivi per una presunta pericolosità nei  confronti  dell’uomo.

Purtroppo, l’azione negativa del  bracconaggio sta mietendo  il numero  di  esemplari, con il rischio  di  vanificarne la faticosa ripresa che è iniziata intorno  agli  anni ’70.

Insieme  ad altre associazione ambientaliste, in prima linea per la difesa del lupo troviamo  il WWF Italia che, attraverso  la campagna SOS Lupo chiede un piccolo  contributo per la protezione del lupo in Italia.

La campagna SOS Lupo  termina il prossimo  22 maggio, ma si  può contribuire oltre questa data con le modalità visibili  sul sito  del WWF.

Concludiamo   segnalando un libro molto  bello sulla storia dei  branchi  che per prima hanno ricolonizzato  le Alpi: I lupi  delle Alpi  Marittime della zoologa Francesca Marucco  (Blu edizioni euro 10,00)

 

Dall’introduzione de I lupi delle Alpi  Marittime:

Dopo circa settant’anni di  assenza, nell’ultimo  ventennio  il lupo è  tornato  sulle Alpi, colonizzando il settore delle Marittime al  confine tra Piemonte e Francia. Le analisi  genetiche hanno  dimostrato  che il ritorno  è dovuto alla naturale dispersione dei lupi  appenninici, e che il fenomeno è in espansione: dai  branchi  delle Alpi  Occidentali alcuni  animali  si stanno  spostando verso  le Alpi  Centrali  ed Orientali, dove ultimamente sono  apparsi anche i primi lupi  provenienti  da est.  

 


 

 

 


 

 

 

 

Un antico fossile di roditore scoperto in Siberia

I sedimenti del fiume Bolshoy dove è stato ritrovato il dente fossile dell’antico roditore

 

Partendo  dal  ritrovamento  di un unico   dente fossile,  della lunghezza di 2,6 mm, i ricercatori  dell’Università statale di  Tomsk (Siberia – Russia) pensano di  aver trovato un antico  antenato  degli odierni criceti.

Il ritrovamento è stato  fatto  nei  sedimenti del  fiume Bolshoy Kemchug nel  sud  di Krasnoyarsk, a soli  cinque chilometri  di  distanza da un cimitero  di fossili di  baby dinosauri molto importante per i paleontologi.

Ritornando al dente fossile dell’antico  roditore,  a cui  è stato  dato il nome di Baidabatyr ( dalla parola russa baydarka per barca o  kayak e batyr come eroe) ,   gli  scienziati sono  cauti  nel  dare una misura delle sue dimensioni partendo, per l’appunto, da quelle di un solo  dente, ma sono certi  di  far risalire la sua età a quella del Giurassico e fino al  Cretaceo  quando  si è estinto.

Sono  certi, inoltre,  che il roditore,  al pari  del moderno  ornitorinco, avesse degli speroni  velenosi  per difendersi  dai  predatori e che esso  rappresenti un ramo  estinto nell’evoluzione dei  mammiferi.

 


 

 


 

 

 

 

La vita: dal mare alla terra, oppure contemporaneamente?

 

Panorama della regione Pilbara – Australia occidentale
Foto Kathy Campbell / University of New South Wales

 

La teoria ricorrente dice che la vita sulla Terra si  è sviluppata da prima negli oceani, presso sorgenti  idrotermali,  espandendosi, quindi, verso  la   terraferma.

Potrebbe essere accaduto il contrario?

Considerando che le più antiche testimonianze della vita sulla Terra risalgono a 2,8 miliardi  di  anni  fa ( quelle negli oceani  sono  più antichi  all’incirca di un miliardo  di  anni), sembrerebbe accertata questa unidirezionalità nello sviluppo della vita.

Sennonché una recente ricerca della University of  New South  Wales  in Australia, ipotizza una certa contemporaneità nella nascita di microrganismi nell’acqua e in terra.

Infatti fossili  composti  da stromatoliti risalenti  a3,5 miliardi di  anni fa, sono  stati  ritrovati nelle rocce di un antico  vulcano estinto  nella regione di Pilbara nell’Australia occidentale.

Come, nel  caso  dei microrganismi  sviluppati  nella profondità degli  oceani, anche quelli terresti hanno  avuto  come culla sorgenti  idrotermali  che, una volta evaporate, concentravano gli  elementi necessari alla loro evoluzione.

 



 

Mettiamoci il becco

Esempio di figura tridimensionale di un becco di uccello. Dal sito Mark My Bird

 

Non si  tratta di  fare del  gossip , anche se il titolo  dell’articolo potrebbe ingannare, ma semplicemente il becco  è quello  degli uccelli tema di una ricerca dell’Università di  Sheffield (GB)  aperta al  contributo  di  tutti.

Partendo  dalla questione che in natura esistono più di 10 mila specie di uccelli, il team universitario  di  ricercatori, guidato  da Gavin Thomas, ha deciso  di studiare la diversificazione degli uccelli  partendo  dal  becco, organo che può dare diverse informazioni su molti  aspetti  della vita di  questi  animali, dalla loro  evoluzione fino  al loro  tipo  di nutrimento.

il problema è che una ricerca di  questo  tipo, fatta su  scala mondiale, non avrebbe le necessarie risorse finanziarie per portarla avanti.

Quindi  si  è pensato  di  scannerizzare in 3D i  becchi  di  migliaia di  esemplari di uccelli conservati  nelle raccolte di  musei  naturalistici  inglesi e  chiedere l’aiuto  di volontari  appassionati di ornitologia che, seguendo  le istruzioni  sul  sito Mark My Bird avranno il compito  di marcare il becco  nei punti  richiesti e scaricare i risultati  nella banca dati  del  sito.

Questo approccio  alla ricerca scientifica aperta a tutti, quindi anche  ai non specialisti,  è quella comunemente chiamata scienza partecipativa (citizen science): il programma dell’Università di  Sheffield, supportato  dall’European Research Council (ERC), ha avuto fino ad adesso la registrazione di più di 1.700 utenti  attivi con migliaia di marcature all’attivo.

 

 

Da Elva alla Francia sul filo dei capelli

Elva – paesaggio – /©24Cinque

 

L’ultimo  censimento  ha stabilito che ad Elva il numero  di  abitanti è per un soffio  minore di cento, novantanove per la precisione.

Ci troviamo in provincia di  Cuneo, nel  territorio  compreso nella Comunità Montana Valli  Grana  e Maira.

Per raggiungere Elva, che ricordiamo essere a 1637 metri  sul livello  del mare, bisogna percorrere la SP 422: un percorso  automobilistico adrenalinico che, nell’ultima decina di  chilometri, si incunea nell’Orrido  di  Elva: una successione di pareti  rocciose antichissime e di  gallerie che passano dentro  di  esse.

Il pericolo non è certo il paesaggio, ma la strada stessa che, in alcuni  punti, è talmente stretta da augurarsi  di non incrociare nessuna auto in senso  opposto.

Elva, a dire il vero, è una costellazione di  28 borgate che nel  corso  degli  anni Sessanta andarono disabitate a causa della nascente industria che, nella Provincia Granda cioè Cuneo, richiamò persone in cerca di una vita migliore rispetto  a quello che veniva loro offerto vivendo in montagna.

Ma non è sempre stato  così: infatti entrando  nella chiesa di  santa Maria Assunta a Serre, la borgata principale di  Elva, si possono  ammirare le opere di  Hans Clemer il pittore fiammingo detto anche Maestro  d’Elva che,  attorno  agli  anni novanta del 1400, dalla corte di  Ludovico  II a Saluzzo arrivò ad Elva per dipingere il ciclo di  affreschi presenti  all’interno  della chiesa.

Elva: chiesa di santa Maria Assunta
/©24Cinque

 

Risalendo  al  Settecento, sono i capelli  delle donne di  Elva a far nascere un particolare tipo  di  mestiere: il raccoglitore di  capelli.

Allora le donne si  facevano  crescere i capelli  fin giù lungo  la schiena, dopodiché, una volta tagliati,  questo tesoro veniva esportato  in Francia e Nord Europa per la produzione delle  parrucche che dovevano adornare le teste dei nobili.

 


 

 

 


 

Dal libro di Diane Ackeman: The Zookeeper’s Wife

 

Diane Ackeman

Diane Ackeman è profondamente legata alla natura e agli  esseri viventi, tanto  da farne il tema principale delle sue poesia e saggi.

Lei, che oggi ha sessantanove anni essendo  nata il 7 ottobre 1948, ha visto i suoi  scritti pubblicati sul The New York Times e sul National  Geographic, solo  per citarne alcuni delle più importanti  riviste con cui  collabora, ha ricevuto un Bachelor of Arts dalla Pennsylvania State University, ed un Master of Arts, Master of Fine Arts e Ph.D dalla Cornell University.

A questi  riconoscimenti  si  aggiungono quelli  dovuti alla sua ampia opera di  saggistica: The Human Age: The World Shaped by  Us; One hundred names for Love; Dawn Lighit; The Zookeeper’s Wife.

Da quest’ultimo titolo, The Zookeeper’s Wife, è tratto il film omonimo  per la regia di Niki Caro, con Jessica Chastain, Johan Heldenbergh e Daniel Brühl nei  ruoli  principali.

La locandina del film  The Zookeeper’s Wife in programmazione nelle sale americane dal 31 marzo 2017

 

Il film, che uscirà nelle sale americane il prossimo  31 marzo, è ambientato nel 1939 durante la Seconda guerra mondiale a Varsavia (un anteprima del  film si è avuta il 7 marzo  nella capitale polacca) quando  le truppe naziste invasero la Polonia.

Come altre vicende di ordinaria umanità che si ebbero durante il periodo  bellico, anche qui la storia vera è quella dei  coniugi Antonina e Jan Zabinski, gestori  della zoo di  Varsavia,  che nascosero nelle gabbie di  quegli  animali uccisi  dai  bombardamenti, centinaia di  ebrei  salvandoli  dalle persecuzioni.

 


 

 


 

Le tombe dipinte nella Cina della dinastia Liao

Un murale nella tomba scoperta nel nord della Cina. Credit: Chinese Cultural Relics

 

Ha  all’incirca mille anni  la tomba scoperta a Datong (nord della Cina), il cui  ingresso era stato  sigillato  con un muro  fatto  di  mattoni.

Al  suo interno gli  archeologi  del Datong Municipal Institute of Archeology, hanno rinvenuto un’urna posta al centro  della tomba con i  resti di una cremazione riguardanti un uomo  ed una donna (gli  archeologi pensano  che fossero  marito  e moglie).

Quello che però ha stupito  gli  studiosi, è una serie di  murales intorno  alle pareti  della tomba molto  ben conservati  nonostante  sia passato più di un millennio.

Le figure rappresentate sono quelle di  servi, animali  (gru) e immagini  di  abbigliamento  con i loro  colori  vivaci.

Il team ritiene che la tomba risalga alla dinastia Liao  (907 – 1125 d.C.), meglio conosciuta come impero  Kitai regnante  sulla Manciuria e la Mongolia e su parte della Cina settentrionale e che essa può servire a comprendere meglio il modo  di vivere durante quel periodo.

 


 

 


 

Ricapitolando…l’ambiente: l’ISPRA informa

 

In quale stato si  ritrova l’ambiente in cui  viviamo?

Le dinamiche per definirne lo  stato  sono  molteplici  quanto  i dati  che le compongono, a fare   chiarezza ci prova l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), attraverso la sua pubblicazione Ricapitolando……..l’ambiente.

Il testo, attraverso  un linguaggio aperto  a chiunque abbia interesse all’argomento, affronta oltre alle tematiche propriamente ambientali quali  inquinamento atmosferico  e qualità delle acque, oltre che aspetti  della biodiversità anche quelle riguardanti il campo  medico (Indice pollinico  allergenico), le pericolosità naturali  e chimiche.

Non mancano  dati  messi  a confronto  con le altre realtà europee.

  MODULO  PER LA RICHIESTA DELLA BROCHURE – PdF

Demenzaville? No, il suo nome è Hogeway

– Connessioni naturali – /©24Cinque

 

Demenzaville?

È evidente la strizzatina d’occhi, segno  di  facile ironia,   che il giornalista di  Panorama ha voluto condividere con  il lettore chiamando in questo modo  Hogeway, il sito a pochi  chilometri  da Amsterdam  dove, dal 2012,  si   sperimenta una nuovo metodo per dare sollievo alle persone affette da Alzheimer e alle loro  famiglie.

Articolo  di  Panorama su Hogeway

 

Hogeway è piccolo  villaggio, quasi  della dimensione di un quartiere di una metropoli, con quello  che si può trovare  normalmente in esso: una chiesa, un mini – market,  negozi ed abitazioni.

Il concetto  che è alla base del progetto di  Hogeway voluto dalla Vivium Care Group,   finanziato in parte   dal governo  olandese, è quello di liberare il paziente affetto  da Alzheimer  dagli  angusti  spazi di una casa di  cura, per far si  che egli  viva l’esperienza di  quella vita normale che ha perso con l’avanzare della malattia.

Ad Hogeway  tutto è  finto, nel  senso  che i malati non sono  abbandonati  a loro  stessi, ci mancherebbe, solo che il personale sanitario non indossa il camice d’ordinanza, quanto piuttosto la divisa di postino, quella di uno  spazzino, oppure finge di  essere un negoziante o  un addetto del cinema.

È  una  simulazione della realtà già vista nel  film  Truman  Show, dove il fine del reality è quello di  attirare il lato  voyeuristico dello  spettatore per uno  scopo  puramente   commerciali mentre, per quanto  riguarda Hogeway, si potrebbe quasi  affermare di  essere di  fronte ad un esperimento di  reinserimento sociale.

Ovviamente nulla viene fatto in maniera gratuita, perché Vivium è pur sempre società imprenditoriale che deve badare agli utili, ma, in questo  caso, il welfare olandese interviene con aiuti sostanziosi per le famiglie che ne necessitano in base al reddito.

In Italia sarebbe possibile un progetto  simile?

In parte si, perché la nostra imprenditorialità non è seconda a nessuno. In parte no, perché la scena politica che viviamo è quella sterile, basata sui meccanismi  autoreferenziali  dei partiti, lontana dai  veri  bisogni  della cosiddetta gente.

 

 

 

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