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Hsi Yuan Chi Lu: la scienza forense di un antico testo cinese

Descrizione dell’apparato scheletrico con i relativi nomi delle ossa.
Dal testo originale Hsi Yuan Chi Lu di Sung Tzu

 

Dimenticatevi  CSI  o  i suoi parenti  più stretti  sparsi  nelle diverse serie televisive,  dove investigatori dall’occhio perspicace aiutati  dalla tecnologia risalgono  al  colpevole da un’esile traccia: tutto è più facile se dietro vi  è una regia ed una sceneggiatura.

Nella realtà le indagini  condotte attraverso  i  metodi  della scienza forense sono molto più complesse di  quelle cinematografiche, non per questo prive di un loro  fascino e sono il risultato di  studi e aggiornamenti  tecnologici succedutosi nel  corso  di  decenni.

Ma quando è nata la scienza forense?

Da un punto di  vista prettamente giuridico si può dire che già nell’antica Roma sia l’imputato  che il pubblico  ministero dovevano  presentare le prove per un punto  di vista di  entrambe le parti ai  fini  dell’assoluzione o  della condanna.

E’ ovvio  che, in questo  caso, non era possibile stabilire la veridicità delle prove su  basi  scientifiche, bisogna aspettare fino  al 1247 quando, in Cina, viene stampato  quello che è il più antico testo  di medicina forense: Hsi Yuan Chi Lu  (Sul lavare via i torti e le accuse ingiuste).

L’autore non è un medico, ma bensì un giudice, Sung Tzu  (da non confondere con il generale e filosofo  Sun Tzu autore de L’Arte della guerra vissuto in Cina tra il VI ed il V secolo  a.C.) la sua opera, ristampata fino  a quasi  l’inizio  degli  anni ’50 del  secolo  scorso, redige una vera e propria guida per aiutare  i  funzionari chiamati  ad indagare sui  delitti.

In essa, ad esempio,  si può leggere come Sung Tzu disquisisce sul esame delle ossa umane:

Le ossa degli uomini  sono  biancastre, quelle delle donne più scure. Q

uando  le donne partoriscono, le loro ossa producono  sangue come un flusso  d’acqua. Di  conseguenza, le ossa saranno  scure.

Se qualcuno ingoia veleno, le ossa saranno  anche scure.

Questo  deve essere esaminato con molta attenzione prima di  decidere sulla loro natura.

 

Teschi: in un uomo  vi  sono un totale di otto  piastre, contando  dalla nuca del  collo, le orecchie, insieme alle piastre della parte posteriore del  cranio, C’è una sutura orizzontale attraverso  la parte posteriore del cranio ed una verticale che scende verso l’attaccatura dei  capelli nella parte posteriore. Nelle donne, ci  sono solo sei piastre. C’è un sutura orizzontale attraverso la parte posteriore del  cranio, ma nessuna sutura verticale.

In un certo  senso più macabro, ma importante nell’analisi del  ritrovamento  di un corpo, è la descrizione di  esso in rapporto  al  tempo:

Durante i  tre mesi  della primavera, quando un corpo è stato  ritrovato  dopo  due o  tre giorni, la carne della bocca, del  naso, della pancia, le costole e il petto  sono leggermente livide. Dopo  dieci  giorni un liquido  emana dalle orecchie e dal naso.

 

 

Durante i  tre mesi  estivi, la carne cambia colore, cominciando con il viso, petto  e pancia. Quando  sono  trascorsi  tre giorni dalla morte, un liquido  apparirà dal naso e dalla bocca e vi  sarà anche la presenza di  vermi. Tutto il corpo  si  gonfia, le labbra si  tireranno  all’indietro, la pelle marcirà e si  staccherà dalla carne e su tutto il corpo  appariranno  delle bolle…

 

 

A questo punto tralasciamo  volentieri la descrizione riguardante il ritrovamento  di un corpo  in autunno  ed inverno.

 

 

 

 

Il Libro dei segni miracolosi di Augusta

 

E’  di pochi  giorni  fa il primo  avvistamento  di un presunto UFO nei cieli  del  Messico, per lo meno  quello  che ufologi  e appassionati  di  fantascienza affermano  che sia, cosa che verrà poi smentita da chi, razionalmente, cerca la causa dell’avvistamento in un qualche fenomeno  tutto  terrestre.

E’  anche vero  che oggi la tecnologia aiuta molto  a dissipare ogni  dubbio su  qualche mistero  costruito  dalla  fantasia e credulità di  alcuni, ma lo  stesso  si può dire dei  fenomeni apparsi cinque o  sei  secoli  fa, quando  certo non esistevano  smartphone o Facebook per divulgare l’evento?

Il Libro  dei  segni miracolosi di  Augusta  (o Libro  dei  Miracoli) è un manoscritto  redatto  ad Augusta nel 1550 e composto  da 169 pagine con raffigurazioni ad acquarello.

Le immagini  rappresentano  fenomeni legati  a prodigi biblici, ad alcune calamità dell’epoca, ma anche quelle di  comete viste nei  cieli del XVI secolo e di oggetti che fluttuano come l’ufo  visto  nei  cieli  del Messico.

Il Libro dei  segni  miracolosi  di  Augusta  è stato  edito  da Taschen a cura di  Till – Holger Borchert, docente di Storia dell’Arte all’Università di  Aquisgrana e Joshua  P. Waterman, ricercatore del Germanisches Nationalmuseum 

 

 

Proteggiamo il lupo italiano

 

Per primo  fu  lo  zoologo italiano Giuseppe Altobello che, negli  anni ’20 del  secolo  scorso  studiando  la popolazione del lupo appennino, intuì che la sottospecie Canis lupus italicus  fosse unica al mondo.

Oggi, dopo  quasi un secolo, quell’intuizione è diventata certezza grazie allo  studio di un team di  scienziati  appartenenti  a nove nazioni  europee.

La ricerca, pubblicata su Plos One e visibile nel  box a fine articolo, è arrivata a questa conclusione studiando la variabilità genetica di  cinque diverse popolazioni  europee di lupi scoprendo, quindi, che quella italiana presentava un corredo  genetico distinto  dagli altri  gruppi.

La notizia, importante dal punto  di  vista scientifico, dovrebbe stimolare ad una maggiore attenzione per la protezione e conservazione del lupo italiano, anziché cadere nella faciloneria di  chi ne vorrebbe limitare la popolazione attraverso abbattimenti  selettivi per una presunta pericolosità nei  confronti  dell’uomo.

Purtroppo, l’azione negativa del  bracconaggio sta mietendo  il numero  di  esemplari, con il rischio  di  vanificarne la faticosa ripresa che è iniziata intorno  agli  anni ’70.

Insieme  ad altre associazione ambientaliste, in prima linea per la difesa del lupo troviamo  il WWF Italia che, attraverso  la campagna SOS Lupo chiede un piccolo  contributo per la protezione del lupo in Italia.

La campagna SOS Lupo  termina il prossimo  22 maggio, ma si  può contribuire oltre questa data con le modalità visibili  sul sito  del WWF.

Concludiamo   segnalando un libro molto  bello sulla storia dei  branchi  che per prima hanno ricolonizzato  le Alpi: I lupi  delle Alpi  Marittime della zoologa Francesca Marucco  (Blu edizioni euro 10,00)

 

Dall’introduzione de I lupi delle Alpi  Marittime:

Dopo circa settant’anni di  assenza, nell’ultimo  ventennio  il lupo è  tornato  sulle Alpi, colonizzando il settore delle Marittime al  confine tra Piemonte e Francia. Le analisi  genetiche hanno  dimostrato  che il ritorno  è dovuto alla naturale dispersione dei lupi  appenninici, e che il fenomeno è in espansione: dai  branchi  delle Alpi  Occidentali alcuni  animali  si stanno  spostando verso  le Alpi  Centrali  ed Orientali, dove ultimamente sono  apparsi anche i primi lupi  provenienti  da est.  

 


 

 

 


 

 

 

 

Dal libro di Diane Ackeman: The Zookeeper’s Wife

 

Diane Ackeman

Diane Ackeman è profondamente legata alla natura e agli  esseri viventi, tanto  da farne il tema principale delle sue poesia e saggi.

Lei, che oggi ha sessantanove anni essendo  nata il 7 ottobre 1948, ha visto i suoi  scritti pubblicati sul The New York Times e sul National  Geographic, solo  per citarne alcuni delle più importanti  riviste con cui  collabora, ha ricevuto un Bachelor of Arts dalla Pennsylvania State University, ed un Master of Arts, Master of Fine Arts e Ph.D dalla Cornell University.

A questi  riconoscimenti  si  aggiungono quelli  dovuti alla sua ampia opera di  saggistica: The Human Age: The World Shaped by  Us; One hundred names for Love; Dawn Lighit; The Zookeeper’s Wife.

Da quest’ultimo titolo, The Zookeeper’s Wife, è tratto il film omonimo  per la regia di Niki Caro, con Jessica Chastain, Johan Heldenbergh e Daniel Brühl nei  ruoli  principali.

La locandina del film  The Zookeeper’s Wife in programmazione nelle sale americane dal 31 marzo 2017

 

Il film, che uscirà nelle sale americane il prossimo  31 marzo, è ambientato nel 1939 durante la Seconda guerra mondiale a Varsavia (un anteprima del  film si è avuta il 7 marzo  nella capitale polacca) quando  le truppe naziste invasero la Polonia.

Come altre vicende di ordinaria umanità che si ebbero durante il periodo  bellico, anche qui la storia vera è quella dei  coniugi Antonina e Jan Zabinski, gestori  della zoo di  Varsavia,  che nascosero nelle gabbie di  quegli  animali uccisi  dai  bombardamenti, centinaia di  ebrei  salvandoli  dalle persecuzioni.

 


 

 


 

Le straordinarissime avventure di Saturnino Farandola e del suo autore: Albert Robida

Albert Robida

Albert Robida

 

Nel 1913 il cinema era ancora muto ed in alcune sale si proiettava quello  che allora veniva considerato un best movie: “Le avventure straordinarissime di Saturnino Farandola”.

Il film, diretto  ed interpretato  da Marcel  Fabre (pseudonimo  di Marcelo Fernandez Perez), era tratto dal  romanzo omonimo di  Albert Robida pubblicato  nel 1879.

La storia di Saturnino Farandola, sia nel  romanzo  che nella versione cinematografica, è quella di un neonato  che si  salva dal  naufragio  di un veliero  comandato  dallo  stesso padre.

Egli  arriverà fortunosamente in un’isola sperduta dell’Oceania dove verrà  accudito da una colonia di  scimmie.

La sua prigionia terminerà quando l’equipaggio  di una nave lo ritroverà: qui, però, inizieranno  le vere avventure straordinarissime di  Saturnino Frarandola.

È inutile dire che alla fine di  esse, l’eroe ritornerà all’isola tra le scimmie che lo avevano  adottato.

Anche la vita di  Albert Robida si può considerare, in un certo  qual modo, straordinaria: dribblando  le scelte paterne che lo volevano notaio, seguì le proprie inclinazioni  diventando, al  termine degli  studi, un apprezzato illustratore. Nel 1880 fondò, insieme all’editore George Decaux, la rivista La Caricature .

Albert Robida non era solo  un bravo illustratore ma anche scrittore che, attraverso il trittico Vingtieme Siècle, viene accumunato ad un altro illustre collega di  vent’anni più anziano: Jules Verne (Robida era nato il 14 marzo 1848, Jules Verne  l’8 febbraio 1828).

In cosa consisteva la similitudine nello  scrivere dei  due autori?

Nel  fatto  che entrambi  nei propri  romanzi descrivono il futuro  di una società attraverso proiezioni considerate fantascientifiche considerando l’epoca in cui  furono  scritte.

Se si  vuole trovare una differenza nello  stile tra i  due, si può dire che Robida, a differenza di  Jules Verne, applica le sue “invenzioni” alla vita quotidiana e di come esse potessero incidere sullo sviluppo  della società, arrivando  anche a “profetizzare” l’emancipazione femminile e temi  legati  all’inquinamento.

Ritornando  al film del 1913 una piccola curiosità: l’isola dell’Oceania utilizzata come set per il film, non era altro che quella di  Bergeggi in provincia di Savona, mentre le comparse che interpretavano i rudi  marinai erano veri  pescatori savonesi.

 

Un nome per l’uomo dietro alla “Maschera di Ferro”

Fotogramma tratto dal film "La Maschera di Ferro" di Allan Dwan

Fotogramma tratto  dal    film “La  Maschera di Ferro” di Allan Dwan

 

Chi  era lo  sfortunato individuo che, nella Parigi  del 1703 durante il regno di  Luigi XIV,  venne imprigionato  ed il cui  volto  nascosto  dietro  una maschera di ferro?

A parte che la maschera non era di  ferro, bensì di  velluto nero, la leggenda sull’identità dell’uomo  ebbe inizio  quando Alexander Dumas padre, raccogliendo  la testimonianza di  Voltaire imprigionato per un breve periodo  alla Bastiglia, ne scrisse inserendolo  come personaggio  nella trama del suo romanzo Il visconte di Bragelonne.

Voltaire, in effetti,  durante la sua prigionia nella Bastiglia, raccolse i  racconti  delle guardie del carcere che parlavano, per l’appunto, di un carcerato trattato molto  bene (rispetto  allo  standard riservato  agli  altri galeotti) però con il viso celato  da una maschera.

Voltaire, alla conclusione delle sue ricerche, affermò che egli non era altro che il fratello  gemello di  Luigi XIV, la stessa tesi utilizzata per il  film del 1998 “La maschera di  ferro” del  regista Randall Wallace con Leonardo  Di Caprio  come interprete principale.

Oggi è il docente di  storia, presso l’Università  della California,  Paul Sonnino ad avanzare una nuova ipotesi  sulla vera identità dell’ uomo  dalla maschera di  ferro.

Paul Sonnino sull’argomento ha scritto un libro: “The Search for the Man in the Iron Mask: A Historical Detective Story” (Rowman & Littlefield, 2016).

in esso  viene svelato il nome di Eustache Dauger, un semplice valletto del tesoriere del cardinale Mazzarino, e che la sua detenzione fu a causa di “rivelazioni inopportune”, da parte del  cameriere, sui  conti finanziari del cardinale.

Detto  questo, rimane un dubbio: se è vero  che dietro  la maschera di  ferro vi era l’identità di un semplice cameriere, perché imprigionarlo per tanti  anni, quasi  trenta, se la soluzione più ovvia (per il potere di  allora) sarebbe stata quella di  far sparire in maniera definitiva lo  scomodo  testimone?

Dubbi  e ancora dubbi: nel  frattempo si può  guardare il film del 1929 “la maschera di  ferro”   del regista Allan Dwan

 

La “generosità” di un dittatore

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Tra il 6 luglio  ed il 15 luglio  del 1938 ad Evian – les – Bains (Francia) si  tenne una conferenza internazionale voluta dal presidente degli  Stati Uniti Franklin D. Roosevelt.

Tema di  quell’incontro era la discussione, insieme alle soluzioni  possibili, per il dramma dei  rifugiati  ebrei in fuga dalla Germania nazista. La gestione di quei profughi, in costante aumento, doveva essere gestito attraverso canali di emigrazione gestiti  dai  singoli  governi partecipanti  che si impegnavano, proporzionalmente alle loro capacità e dimensioni  territoriali, ad accogliere gli  ebrei in fuga.

Tra le nazioni  presenti  alla conferenza di  Evian    era presente anche la delegazione della   Repubblica Dominicana, governata da  Rafael Leònidas Trujillo giunto  al potere con metodi decisamente anti – democratici.

Eppure, nonostante la fama di  dittatore che Trujillo si  era aggiudicato nello scenario politico internazionale, egli concesse il visto per l’espatrio  dalla Germania  a circa settecento  ebrei che trovarono rifugio  a Sosua un insediamento  agricolo  della Repubblica Dominicana.

Non fu  certo per motivi  umanitari: nel 1937 il dittatore dominicano si macchiò del  sangue di  diecimila haitiani (se non di più) che vivevano nella zona di  confine tra la Repubblica Dominicana ed Haiti.

Il perché di  quel  genocidio è da ricercare sia nelle motivazioni  razziali (xenofobia nei  confronti  di persone di colore) sia come “punizione” nei  confronti  di  Haiti che,  a sua volta, accoglieva i profughi  dominicani in fuga dalla dittatura in atto nel proprio  Paese.

Quindi, per i commentatori di allora e per gli  storici  di oggi, l’aver accolto profughi  ebrei  era per Trujillo un modo  per ripulire la sua figura dopo  il massacro  degli  haitiani.

Forgiving MàXIMO Rothman è il noir di  esordio dello  scrittore A.J. Sidransky finalista al  National Jewish: la storia inizia con un omicidio di un novantenne sopravvissuto  all’Olocausto e si dipana seguendo le pagine del diario  della vittima che portano  fino  a Sosua.

Il libro non è stato ancora tradotto in italiano.

 

L’antenato del maestro Yoda.

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Mentre aspettiamo il ritorno  di  Han Solo e del  droide R2-D2, cosa che avverrà nelle sale italiane solo il 15 dicembre prossimo per la prima del  film “Il Risveglio  della Forza”, guardiamo  nel passato per una similitudine pittorica con il maestro  Yoda.

Tale somiglianza è rintracciabile in un manoscritto francese  del 14° secolo: lo  “Smithfield Decretalsl.

Damien Kempf, storico  dell’Università di  Liverpool, nel  suo  recente libro “Medieval Monster” ha inserito, tra le creature fantastiche create nel  medioevo,  anche il sosia del  maestro  Jedi aggiungendo, con un pizzico di  fantasia poetica, pensare che nel passato  sia esistito  veramente un saggio  come il maestro Yoda e che anche lui  possa risvegliarsi un giorno.

Che la Forza sia con voi.

 

 

 

La rivelazione di un “Libro Nero”

Una pagina de "II Libro  Nero di  Carmarthen"

Una pagina de “II Libro Nero di Carmarthen”

Sicuramente non sarà il “Libro degli incantesimi” visto  nella saga di  Harry Potter ma, in fatto di mistero e fascinazione, anche il “Libro nero  di Carmarthen” ha tanto da offrire.

Innanzitutto quest’ultimo è realmente esistente e non un prodotto di fantasia, essendo un manoscritto  del 1250 composto  da poesie e racconti di leggende di  eroi mitici (per la prima volta si  fa riferimento  a re Artù e Myrddin e cioè “mago  Merlino”), scritto in lingua gallese.

Il “mistero” è dovuto al fatto che, durante un’analisi in cui si è utilizzata la luce ultravioletta e software di  editing fotografico, l’equipe dell’Università di Cambridge, la quale   ha sottoposto il manoscritto  all’indagine scientifica, ha avuto  la sorpresa di  veder apparire ai  margini  di  alcune pagine  volti  spettrali ed altre annotazioni.

Naturalmente non si  tratta della rievocazione di  fantasmi ma, a dispetto  di ogni  “mistero”, di quello che il “Libro  nero  di Carmarthen” ha dovuto  subire quando, nel XVI secolo, un collezionista di  manoscritti antichi  lo  acquistò cancellando  tutti i disegni e gli  scritti  supplementari.

Per  i ricercatori la scoperta di  queste scritture, per così dire “nascoste”, serve per fare luce sulla letteratura gallese del XIII secolo.

Attualmente il “Libro  nero di Carmanthen” è ospitato  presso  la National Library of Walles e fa parte di una mostra dedicata a John Prise il collezionista che lo  acquistò nel sedicesimo secolo.

È definito “libro  nero” semplicemente perché la sua rilegatura è di  quel  colore.

Quindi nessun incantesimo per Harry Potter.

 

85 anni dopo: La rivincita del maschio (di Amalia Guglielminetti)

Amalia Guglielminetti

Amalia Guglielminetti

Amalia Guglielminetti, il levriero liberty della letteratura italiana, con La rivincita del maschio guadagnò, nell’ordine, un’accusa per oltraggio al pudore, un’assoluzione piena e un’ambigua attenzione. Oggi, a distanza di oltre ottantacinque anni, il romanzo dello scandalo torna il libreria grazie a una nuova edizione edita da Sagep e curata da Alessandro Ferraro, che firma anche il saggio introduttivo e correda il tutto con un ironico e intelligente articolo di Giorgio Caproni del 1959. Il tutto con alcune foto, anche inedite.

Nata a Torino nel 1881, Amalia Guglielminetti esordì, appena ventenne, come poetessa, presto imponendosi con titoli come Le vergini folli (1907) e Le seduzioni (1909). L’unica poetessa che avesse l’Italia, così la definì Gabriele d’Annunzio, fu poi un’originale commediografa e una narratrice di successo. Collaborò con tutti i più importanti periodici dell’epoca e ne fondò e diresse con eccentricità uno proprio che chiamò, ça va sans dire, “Le seduzioni”.

Fu celebre anche per fattori extra-letterari, quali tre processi, due legami profondi e particolari (con Guido Gozzano e Dino Segre, in arte Pitigrilli), e una bellezza modernissima. Morì nella sua città natale per le conseguenze di una caduta sulle scale di un albergo di lusso, durante la fuga in un rifugio antiaereo, nel 1941.

La prima parte de La rivincita del maschio apparve a puntate sul quindicinale illustrato milanese “Il Secolo Illustrato” (fra il 1920 e il 1921), poi nel 1923 l’editore torinese Lattes pubblicò la versione definitiva, che fu tradotta in spagnolo e croato nel 1925, e riproposta ai lettori italiani nel 1928.

Oggi il romanzo  viene riproposto dalla casa editrice SAGEP di  Genova.

 

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