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Le sepolture in anfora nell’Antico Egitto

Resti di un bambino sepolto in un vaso. Cimitero di AdaÏma, Egitto (5550 – 2700 a.C.). Foto: Crubezy & Midant  – Reynes / IFAO

 

Gli  archeologi Ronika Power della University of Cambridge, ed il suo  collega Yann Tristant della Macquarie University, hanno  un ipotesi  molto plausibile riguardante le sepolture di neonati, ma anche di  adulti, in anfore.

Si è sempre pensato  che questo  tipo  di  sepoltura erano un ripiego per le  famiglie  più povere le quali, evidentemente, non potevano permettersi  una tomba per i propri  cari.

L’ipotesi  dei  due archeologi  è quella di non trovarsi  di  fronte ad una necessità dovuta alla povertà ma,  anzi, ad un vero  è proprio culto  del  defunto riguardante la sua rinascita.

Un’anfora, in effetti, è di  quanto più simile possa essere interpretato  come un grembo  materno. In questo  caso, raccogliendo in essa le spoglie del defunto, il suppellettile diventa l’utero (o  anche l’uovo) da cui il trapassato  rinascerà nell’aldilà.

I due studiosi rimangono  comunque cauti su  questa loro  idea, lasciandone la conferma ad ulteriori  approfondimenti sul significato  simbolico di  questa particolare modalità di  sepoltura.

 

Filtri d’amore e maledizioni nei papiri di Ossirinco

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Per – Medjed  – meglio conosciuta come  Ossirinco, nome  datole dopo  la conquista dell’Egitto  da parte dell’esercito  di  Alessandro  Magno – fu un autentica miniera di papiri che, più di un secolo  fa, diede fama a due archeologi  dell’Università di  Oxford: Bernard Grenfell e Arthur Hunt.

I papiri, in gran parte documenti pubblici e privati  risalenti al periodo greco –romano, si conservarono  nel  tempo  grazie alle condizioni  climatiche ed ambientali della zona interessata dagli  scavi.

Come si  è detto i testi della maggior parte dei  papiri  riguardano atti privati  e pubblici, sennonché, grazie alla traduzione del  ricercatore italiano Franco Maltomini (Università degli  Studi  di  Udine, si è arrivati  alla scoperta di  due testi contenenti  “incantesimi d’amore” e sortilegi per sottomettere un individuo  ai  propri  voleri.

I due testi, risalenti a 1.700 anni  fa e di  cui  sono  sconosciuti  gli  autori, non indicano le persone oggetto dell’incantesimo in quanto, come se fosse un modulo da redigere, hanno lo spazio  per inserire il nome del  destinatario del  sortilegio.

Sul retro  di uno  dei due papiri, il più malevolo  per il contenuto, è stato  decifrato la “ricetta” che, utilizzando escrementi  di  animali, avrebbero procurato alla vittima dolori  di  mal di  testa e, persino, malattie come la lebbra.

Oggi  ci  sono i social-network a veicolare ogni  genere di maledizione ma, come allora, l’autore si  nasconde, magari  dietro ad un nickname.

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Simboli e tatuaggi su di un’antica mummia egizia

I tatuaggi sulla mummia scoperta a Deir el-Medina

I tatuaggi sulla mummia scoperta a Deir el-Medina

Deir el-Medina è un sito  archeologico posto  sulla riva occidentale del Nilo.

Qui, in epoca risalente tra il 1550 a.C. ed il 1080 a.C., sorgeva un villaggio che ospitava soprattutto la manovalanza utilizzata per la costruzione delle piramidi  della Valle dei  Re.

È da notare che in questo periodo, precisamente intorno  al 1250 a.C. quindi  riferibile alla XVIII dinastia, compare per la prima volta nelle tombe il Libro  dei morti riportante formule magiche volte ad assicurare il transito  nell’Aldilà.

Ed è proprio una recente scoperta a Deir el-Medina che ci  riporta alla magia dell’antico  Egitto. Questa volta non si  tratta di iscrizioni sulle pareti o  sui  sarcofaghi, ma di  simboli  tatuati sul corpo  di una mummia di  sesso  femminile.

I  simboli  rappresentano fiori  di loto, mucche ed occhi  divini: le immagini  non sono  disegni  astratti ma, per la loro riconoscibilità, sembrano essere legati ad uno  status religioso o  a pratiche rituali.

Infatti, dopo  attente analisi  sulla mummia, si è  giunti  alla conclusione che i  tatuaggi siano  stati  eseguiti  molto prima del processo  di mummificazione.

Per alcuni  di  essi  si  sta ancora studiando  per dare loro un significato, per altri è invece certa l’associazione con  la dea Hathor (mucche con collane ornamentali)  e, dove i tatuaggi  raffigurano  dei  serpenti, con altre divinità femminili egiziane.

Soprattutto i simboli  tatuati sulla gola della donna rappresentano  simboli  di protezione di un potere richiamato  attraverso la recitazione di  formule magiche o canti.

In ogni  caso il ritrovamento  di  simboli  tatuati – il primo del loro genere trovato  su  di una mummia egiziana – portano  a nuove conoscenze sul significato simbolo  del  tatuaggio nella cultura antica egiziana.

Zampe di lucertole per le pitture rupestri di Wadi Sura II?

Wadi Sura II (grotta delle Bestie) - pitture rupestri autore dell'immagine: Clemens Schmillen

Wadi Sura II (Grotta delle Bestie) : pitture rupestri.
Autore dell’immagine: Clemens Schmillen

Wadi Sura II è un’enorme grotta naturale posta sull’altopiano  del Gilf Kebir, nella parte egiziana del  deserto libico.

La particolarità di  questa grotta, scoperta dall’archeologo  Massimo Foggini nel 2002, è quella di  avere le pareti ricoperte da pitture rupestri risalenti  al periodo  del  Neolitico quando, ottomila anni  fa,   il clima del  Sahara era ancora  umido.

Le pitture rupestri (all’incirca cinquemila) rappresentano animali e centinaia di  mani  umane, con stencil di quelle che potrebbero  essere zampe di lucertola e non, come si  era ipotizzato in precedenza, mani  di  bambini.

Ad arrivare a questa conclusione è stata la ricercatrice francese Emmanuelle Honorè: per lei  le pitture in esame sono  troppo piccole e sottili  per essere quelle di un bambino. Per avere conferma alla sua tesi, ha chiesto ed ottenuto l’aiuto della Lille University Hospital  (Francia del nord) che ha fornito le misurazioni delle mani  di 25 bambini prematuri  e di 36 bambini nati normalmente, naturalmente vi è stato il consenso  dei  genitori che hanno accettato  con entusiasmo di  contribuire ad uno studio scientifico.

I risultati sono  stati positivi, nel  senso  che le pitture non rappresentavano  mani  di  bambini. A questo punto  la domanda posta era quella di  scoprire qual era il oggetto utilizzato  per gli  stencil.

L’analogia con altre pitture rupestri scoperte in altri siti come, ad esempio, quello della Cueva de los Manos in Argentina,  in cui  zampe d’animale fungevano  da modelli, ha portato  alla stessa conclusione per quanto  riguarda Wadi Sura II.

Rimane ancora da chiarire  lo scopo per il quale   gli  antichi  popoli  abitanti il Sahara abbiano dipinto le pareti di Wadi  Sura II e quelle di  Wadi  Sura I posto  a dieci  chilometri più ad est: è probabile che il mondo  mitologico  raffigurato sia in diretta connessione con i riti ancestrali  di  quella civiltà.

 

 

 

I segreti della piramide di Cheope

Cheope

Complesso delle piramidi di Giza

C’è da giurare che le ultime notizie sulla piramide di  Cheope stuzzicherà non poco  la fantasia dei fans di Indiana Jones (o Lara Croft a secondo delle preferenze): in una recente conferenza stampa tenuta al  Museo  Egizio del Cairo, Madi Tayubi direttore dell’istituto per la Conservazione e innovazione dei  Beni, ha dato l’annuncio  di un programma di  scansione della piramide di  Cheope, utilizzando  le caratteristiche del  muone,  per scoprire se all’interno  della struttura vi  siano degli  spazi  rimasti inviolati.

Tutto  questo è dovuto  al  fatto che differenze di  temperatura sono  state riscontrate tra i lati  della piramide, differenze che non sono  riconducibili a fenomeni  atmosferici  o  stagionali.

La scoperta di  camere interne può essere di indubbia utilità per dare maggiore chiarezza sulle tecniche costruttive degli  antichi  egizi.

Sempre nella speranza di non risvegliare dal  suo  sonno  secolare qualche mummia malevola.

La piramide più antica

Edfu

Archeologi al lavoro vicino alla piramide di Edfu
University of Chicago’s Oriental Institute

 

Il ritrovamento di una piramide a gradoni nell’antico insediamento di Edfu, nel sud dell’Egitto, sembra aver tolto alla più famosa piramide di Cheope il primato di  antichità.

Gli  archeologi hanno infatti  datato la loro  scoperta ad un’età risalente a circa 4.600 anni fa, quindi di una ventina di  anni  antecedente  rispetto  alla “Grande Piramide di  Giza”, attribuendone la costruzione al  faraone Huni (III dinastia 2637 – 2613 a.C.) oppure a Snefu (IV dinastia 2613  – 2589 a.C.).

La piramide di Edfu, la cui altezza è di circa tredici metri, appartiene ad un insieme di sette strutture analoghe  localizzate nel  sud dell’Egitto. La caratteristica che le accomuna è quella di non aver camere funerarie interne e quindi non destinata  alla sepoltura del  faraone.

Gli  archeologi ipotizzano  che esse erano  destinate ad un uso  simbolico, dedicato ad affermare la supremazia reale nelle province meridionali.

Alla base della piramide sono state ritrovate alcune sepolture di neonati che, però, sono posteriori rispetto  alla sua costruzione. Mentre riconducibili ad esse sono i geroglifici lì ritrovati  e che rappresentano  diverse figure fra cui una foglia di colore rosso e un uomo  accovacciato.

Per concludere un breve cenno riferito  ad Edfu: in origine fu  capitale del  secondo nomos (dal  greco nomo = distretto) dell’Alto  Egitto, ma la sua importanza, e conseguente sviluppo, è da far risalire al fatto di occupare una posizione strategica sulla via carovaniera diretta al  Mar Rosso ed il porto  di  Berenice.

La sua notorietà è anche dovuta alla presenza del tempio  dedicato  ad Horus che, partendo  dall’Antico  Regno, è stato ricostruito  più volte fino all’epoca greco – romana (57 a.C.) in cui si  riprende lo  stile dei  canoni  classici  dell’architettura egizia.

 

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Città di Edfu e tempio di Horus

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