Timbuktu del regista mauritano Abderrahmane Sissako, film candidato al premio Oscar nella categoria “miglior film in lingua straniera” in programmazione nelle sale italiane dal prossimo febbraio, parla della brutalità del jihadismo nei confronti delle popolazione del Mali, anch’esse di religione musulmana.
Nella trama un tranquillo villaggio del nord del Mali vive sotto il terrore della sharia applicata senza mezzi termini dai fondamentalisti islamici: eppure, nonostante questo atto di denuncia, in Francia, a seguito delle tragica vicenda di Charlie Hebdo, il film è stato ritirato dal cinema “City Casinò” di Villiers-sur-Marne (un sobborgo di Parigi).
La motivazione di tale decisione è data dal fatto che il quartiere, densamente abitato da nordafricani, ha dato i natali a Hayat Bouneddiene compagna del terrorista Amedy Coulibaly.
Il sindaco di Villiers-sur-Marne, Jacques-Alain Benisti, ha motivato tale decisione adducendo al fatto che la pellicola poteva ingenerare nei più giovani il desiderio di emulare il modello dei jihadisti.
Peccato che Timbuktu sia stato premiato a Cannes e, in seguito, proiettato sia a Parigi che in altre e innumerevoli città francesi, senza che mai vi fosse stato un incidente di matrice religiosa.
Dietro alle proteste dei social media, Benisti ha rivisto le sue posizioni promettendo che Timbuktu sarà di nuovo riprogrammato, nel contesto di un dibattito con rappresentanti religiosi della fede cristiana, ebrea e mussulmana.
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