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Da Swing Kids a Swing Heil: dal cinema al teatro

Frame dal film Swing Kids di Thomas Carter (1992)

 

Nel 1992 il regista Thomas Carter diresse il film Swing Kids incentrata sulla vera storia di  giovani  tedeschi che, durante il nazismo, presero il nome di  Swing Kids in netta contrapposizione alla Gioventù Hitleriana e per la libertà di  seguire uno  stile di  vita incentrata  sul concetto  di piacere anche  attraverso l’espressione del   ballo, in special modo  lo  swing importato   dall’America e considerato  degenere dalla dittatura.

Ventisei  anni  dopo  l’uscita nelle sale di  Swing Kids, il tema della ribellione e insofferenza di  una parte dei  giovani  contro  il regime nazista, viene ripreso per una rappresentazione teatrale interpretato  da un folto  gruppo  di  studenti  delle scuole superiori  di  Genova.

La regista Elena Dragonetti   ha messo in scena presso il Teatro dell’ Archivolto  di  Genova lo spettacolo Swing Heil – Swing Heil era il  saluto utilizzato  dai giovani dello  swing come sberleffo  al Sieg Heil nazista –  .

La trama è pressoché quella del  film: Ad Amburgo un gruppo  di giovanissimi, appartenenti  a famiglie antinaziste e filonaziste, si  riuniscono  clandestinamente per ballare, ma sarà la guerra e l’inasprirsi  della dittatura a separarli, ognuno  seguendo il proprio  tragico  destino.

Swing Heil, nelle sue due uniche serate di  rappresentazioni sul palco dell’Archivolto, ha registrato il tutto  esaurito nella vendita dei  biglietti.


 

La scena del  ballo  dal  film Swing Kids di  Thomas Carter (1992)

 

  

Scoperta una statua della Sfinge vecchia di 94 anni

La Sfinge del set I Dieci Comandamenti
Credit: Dunes Center

 

E’ una scoperta sensazionale: la testa di una statua rappresentante la Sfinge vecchia di  ben….94 anni.

Naturalmente non stiamo  parlando degli  antichi  egizi ma di un reperto che, se pur vecchio, con quella civiltà non ha nulla da condividere se non la trama della sceneggiature di un film.

E che film: I Dieci Comandamenti  diretto nel 1923 da Cecil B. DeMille.

Il reperto  in gesso, del peso  di 136 chilogrammi, è in ottime condizioni grazie alla sabbia del deserto  che lo  ha conservato per tutti  questi  anni (DeMille girò il suo  film tra le dune di Guadalupe – Nipomo poste a sud di  san Francisco).

Il realizzatore di  questa statua, insieme ad altre venti  per la scenografia del  film,  fu  il francese Paul Iribe.

DeMille  per la semplice ragione di  costi, preferì non smontare il set e lasciare che le sabbie delle dune lo ricoprissero.

Il progetto del  recupero della Sfinge e di  altri  reperti del  set,  è dovuto alla caparbietà di un altro  regista odierno e cioè di Peter Brosnan il quale, oltre ad aver prodotto  e diretto il documentario The Lost City of Cecil B. DeMille, progetta di aprire nel 2018 un museo  per esporre i manufatti  del  set de I Dieci  Comandamenti.

 

 

 

The Whistleblower

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Approvata recentemente la legge che protegge chi  denuncia fatti  di  corruzione, il whistleblowing  (letteralmente colui  che soffia nel  fischietto) ci  si  aspetta da essa uno strumento in più per combattere il malaffare che da anni  colpisce il nostro Paese.

Se per l’Italia questa figura può essere considerata una novità, almeno  dal punto  di  vista giuridico riferendosi  alla maggiore tutela nei  suoi  riguardi, non lo è per l’ordinamento  giuridico  statunitense che, attraverso il False Claims Act , lo prevede  dal 1863.

Anche il cinema si è interessato ad un caso  clamoroso  di whistleblowing : nel 2011 la regista canadese Larysa Kondracki  diresse il film intitolato  appunto  The Whistleblower con Rachel  Weisz come interprete principale.

The Whistleblower SCHEDA DEL  FILM

 

La sceneggiatura del  film è basata su  di una storia vera che vede protagonista la poliziotta americana Kathryn Bolkovac  (il personaggio interpretato  dall’attrice  Rachel  Weitz) la quale, per far fronte ad un divorzio, decide di  seguire un’agenzia affiliata all’ONU nella Bosnia – Erzegovina alla fine della guerra etnica che devastò quelle terre.

Da lì a poco   scoprirà che in una organizzazione criminale, dedita al traffico  di  essere umani  e alla prostituzione minorile, figurano molti membri  della forza di  pace dell’ONU protetti dal loro  status di immunità diplomatica.

La giovane ed integerrima poliziotta nella sua indagine smuoverà la coltre di omertà sul traffico di  schiave sessuali, ma sarà ostacolata in questo proprio dai vertici delle forze di pace dell’ONU.

Non avrà alcuna scelta che denunciare il crimine all’opinione pubblica attraverso i media, divenne cioè una whistleblower.

In seguito allo scandalo  che ne venne fuori,   i responsabili  vennero  allontanati, ma non furono mai  giudicati  da una corte e quindi  mai condannati.

Kathryn Bolkovac non poté  lavorare più  per nessuna agenzia affiliata all’ONU.

Il film, nonostante abbia avuto  molti premi, non è entrato mai  nel circuito delle sale cinematografiche italiane ma solo in quella dell’home video e in streaming  su  Netflix


 

 


 

 

 

 

Due uomini dai destini molto diversi: Isaac Babel e Merian C. Cooper

 

Nel 1920, durante la guerra che vide contrapposte le nazioni  di  Polonia e Russia, Isaac Babel (Odessa, 1 luglio 1894 – Mosca, 27 gennaio 1940), giornalista e scrittore russo,   venne inviato al  fronte  come corrispondente di  guerra.

 

Da questa sua   esperienza  Babel ne trasse il materiale necessario  per scrivere  1920 Diary :  il resoconto della devastazione della guerra e  dei  soprusi  di  entrambi  gli  eserciti verso  la popolazione civile, specie quella di  origine ebraica in Ucraina e Polonia  orientale, tragedia che sentiva sua essendo  lui  stesso  ebreo.

Tra le pagine di  questo  libro è descritto l’  interrogatorio di Merian C. Cooper (Jaksonville, 24 ottobre 1893 – San Diego, 21 aprile 1973)  , un aviatore americano appartenente allo squadrone Kosciuszko  composto  da volontari in sostegno  dell’esercito polacco.

Merian C. Cooper  venne abbattuto il 26 luglio del 1920. Trascorse nove mesi di  prigionia in un campo  russo da cui  riuscì a fuggire prima della fine della guerra.

Ed è  a questo punto  che la storia vede i  due protagonisti  seguire il loro  destino: l’uno drammatico, l’altro pieno di  successi.

Isaac Babel  nel 1939 venne arrestato  con l’accusa di  spionaggio. Dopo un interrogatorio estenuante gli  venne estorta una confessione che lo porterà davanti al plotone di  esecuzione il 27 gennaio  1940.

Sua moglie, Antonina Pirožkova, conobbe la fine di  suo marito dopo  15 anni.

Il 23 dicembre 1954, dopo  la morte di  Stalin, Isaac Babel  venne pubblicamente riabilitato e quindi  scagionato  dalle accuse che lo portarono  alla sentenza di morte.

Ben diverso fu invece il destino  di Merian C. Cooper: con il suo  amico Ernest B. Schoedsack fondò una casa di  produzione cinematografica dapprima specializzata in documentari  e, in seguito, in quella di  film all’epoca spettacolari.

Il più famoso tra questi  quello  del 1933: King Kong .

Nel 1954 gli  verrà assegnato l’Oscar per la carriera.

 

 

 

Dal libro di Diane Ackeman: The Zookeeper’s Wife

 

Diane Ackeman

Diane Ackeman è profondamente legata alla natura e agli  esseri viventi, tanto  da farne il tema principale delle sue poesia e saggi.

Lei, che oggi ha sessantanove anni essendo  nata il 7 ottobre 1948, ha visto i suoi  scritti pubblicati sul The New York Times e sul National  Geographic, solo  per citarne alcuni delle più importanti  riviste con cui  collabora, ha ricevuto un Bachelor of Arts dalla Pennsylvania State University, ed un Master of Arts, Master of Fine Arts e Ph.D dalla Cornell University.

A questi  riconoscimenti  si  aggiungono quelli  dovuti alla sua ampia opera di  saggistica: The Human Age: The World Shaped by  Us; One hundred names for Love; Dawn Lighit; The Zookeeper’s Wife.

Da quest’ultimo titolo, The Zookeeper’s Wife, è tratto il film omonimo  per la regia di Niki Caro, con Jessica Chastain, Johan Heldenbergh e Daniel Brühl nei  ruoli  principali.

La locandina del film  The Zookeeper’s Wife in programmazione nelle sale americane dal 31 marzo 2017

 

Il film, che uscirà nelle sale americane il prossimo  31 marzo, è ambientato nel 1939 durante la Seconda guerra mondiale a Varsavia (un anteprima del  film si è avuta il 7 marzo  nella capitale polacca) quando  le truppe naziste invasero la Polonia.

Come altre vicende di ordinaria umanità che si ebbero durante il periodo  bellico, anche qui la storia vera è quella dei  coniugi Antonina e Jan Zabinski, gestori  della zoo di  Varsavia,  che nascosero nelle gabbie di  quegli  animali uccisi  dai  bombardamenti, centinaia di  ebrei  salvandoli  dalle persecuzioni.

 


 

 


 

Yu – Mex: quando El mariachi si trasferì in Jugoslavia

 

Con settemila dollari  come budget non si può pensare di  fare grandi  cose, tanto  meno un film.

Eppure, venticinque anni  fa, Robert Rodriguez realizzò con quella somma un film che presto  sarebbe diventato  un cult: El mariachi.

El mariachi si  sviluppò in una trilogia con Antonio  Banderas nel  ruolo  principale, dando così vita ad un nuovo genere: il burrito-western, che non ebbe certamente la stessa fortuna degli  spaghetti –western realizzati da Sergio  Leone  accompagnati  dalle splendide colonne sonore di  Ennio  Morricone.

A fare la fortuna della trilogia del mariachi furono  senz’altro le vicende narrate piuttosto che la colonna sonora.

Risalendo nel tempo, e cioè tra gli anni ’50 e ’60 in quella che era la Repubblica Socialista Federale di  Jugoslavia, nasceva lo  stile Yu – Mex.

In pratica alcuni  cantanti popolari  nella Jugoslavia di  Tito decisero di  eseguire canzoni  messicane, naturalmente tradotte nella loro  lingua nazionale.

In questa maniera nacquero  delle band, come il Trio  Paloma, che si  esibivano con tanto  di  sombrero e costume made in Mexico.


 

 

Se invece preferite il mariachi  interpretato  da Antonio  Banderas

 

 


 

Le straordinarissime avventure di Saturnino Farandola e del suo autore: Albert Robida

Albert Robida

Albert Robida

 

Nel 1913 il cinema era ancora muto ed in alcune sale si proiettava quello  che allora veniva considerato un best movie: “Le avventure straordinarissime di Saturnino Farandola”.

Il film, diretto  ed interpretato  da Marcel  Fabre (pseudonimo  di Marcelo Fernandez Perez), era tratto dal  romanzo omonimo di  Albert Robida pubblicato  nel 1879.

La storia di Saturnino Farandola, sia nel  romanzo  che nella versione cinematografica, è quella di un neonato  che si  salva dal  naufragio  di un veliero  comandato  dallo  stesso padre.

Egli  arriverà fortunosamente in un’isola sperduta dell’Oceania dove verrà  accudito da una colonia di  scimmie.

La sua prigionia terminerà quando l’equipaggio  di una nave lo ritroverà: qui, però, inizieranno  le vere avventure straordinarissime di  Saturnino Frarandola.

È inutile dire che alla fine di  esse, l’eroe ritornerà all’isola tra le scimmie che lo avevano  adottato.

Anche la vita di  Albert Robida si può considerare, in un certo  qual modo, straordinaria: dribblando  le scelte paterne che lo volevano notaio, seguì le proprie inclinazioni  diventando, al  termine degli  studi, un apprezzato illustratore. Nel 1880 fondò, insieme all’editore George Decaux, la rivista La Caricature .

Albert Robida non era solo  un bravo illustratore ma anche scrittore che, attraverso il trittico Vingtieme Siècle, viene accumunato ad un altro illustre collega di  vent’anni più anziano: Jules Verne (Robida era nato il 14 marzo 1848, Jules Verne  l’8 febbraio 1828).

In cosa consisteva la similitudine nello  scrivere dei  due autori?

Nel  fatto  che entrambi  nei propri  romanzi descrivono il futuro  di una società attraverso proiezioni considerate fantascientifiche considerando l’epoca in cui  furono  scritte.

Se si  vuole trovare una differenza nello  stile tra i  due, si può dire che Robida, a differenza di  Jules Verne, applica le sue “invenzioni” alla vita quotidiana e di come esse potessero incidere sullo sviluppo  della società, arrivando  anche a “profetizzare” l’emancipazione femminile e temi  legati  all’inquinamento.

Ritornando  al film del 1913 una piccola curiosità: l’isola dell’Oceania utilizzata come set per il film, non era altro che quella di  Bergeggi in provincia di Savona, mentre le comparse che interpretavano i rudi  marinai erano veri  pescatori savonesi.

 

Princess: realtà o fantasia nella mente di una dodicenne

princess

 

Princess è l’opera prima del  regista e scrittore israeliano Tali Shalom Ezer.

La trama del  film è incentrata sulla psicologia della dodicenne Adar che, mentre la madre è lontana da casa per lavoro, deve subire le attenzioni  del patrigno  al limite dell’abuso  sessuale.

La giovane incontrando  Alan, un ragazzo  che le assomiglia in maniera impressionante, lo  condurrà in famiglia alterando i  già delicati  equilibri in seno  ad essa.

Ma Alan esiste veramente, oppure è solo  la fantasia della dodicenne ad averlo  creato  per fuggire da una realtà drammatica?

È un gioco  di  realtà e fantasia che il regista Tali Shalom Ezer ha saputo magistralemte creare per questa sua prima opera.

Il film è stato presentato in anteprima nel 2014 al Jerusalem Film Festival dove è stato premiato come miglior film israeliano, mentre a Shira Hass (che interpreta la giovane Adar) è andato  quello  come miglior attrice.

L’anno successivo Princess è stato presentato  al  Sundance Film Festival ricevendo  critiche positive sia tra gli  addetti  ai lavori  che tra il pubblico.

 

Un nome per l’uomo dietro alla “Maschera di Ferro”

Fotogramma tratto dal film "La Maschera di Ferro" di Allan Dwan

Fotogramma tratto  dal    film “La  Maschera di Ferro” di Allan Dwan

 

Chi  era lo  sfortunato individuo che, nella Parigi  del 1703 durante il regno di  Luigi XIV,  venne imprigionato  ed il cui  volto  nascosto  dietro  una maschera di ferro?

A parte che la maschera non era di  ferro, bensì di  velluto nero, la leggenda sull’identità dell’uomo  ebbe inizio  quando Alexander Dumas padre, raccogliendo  la testimonianza di  Voltaire imprigionato per un breve periodo  alla Bastiglia, ne scrisse inserendolo  come personaggio  nella trama del suo romanzo Il visconte di Bragelonne.

Voltaire, in effetti,  durante la sua prigionia nella Bastiglia, raccolse i  racconti  delle guardie del carcere che parlavano, per l’appunto, di un carcerato trattato molto  bene (rispetto  allo  standard riservato  agli  altri galeotti) però con il viso celato  da una maschera.

Voltaire, alla conclusione delle sue ricerche, affermò che egli non era altro che il fratello  gemello di  Luigi XIV, la stessa tesi utilizzata per il  film del 1998 “La maschera di  ferro” del  regista Randall Wallace con Leonardo  Di Caprio  come interprete principale.

Oggi è il docente di  storia, presso l’Università  della California,  Paul Sonnino ad avanzare una nuova ipotesi  sulla vera identità dell’ uomo  dalla maschera di  ferro.

Paul Sonnino sull’argomento ha scritto un libro: “The Search for the Man in the Iron Mask: A Historical Detective Story” (Rowman & Littlefield, 2016).

in esso  viene svelato il nome di Eustache Dauger, un semplice valletto del tesoriere del cardinale Mazzarino, e che la sua detenzione fu a causa di “rivelazioni inopportune”, da parte del  cameriere, sui  conti finanziari del cardinale.

Detto  questo, rimane un dubbio: se è vero  che dietro  la maschera di  ferro vi era l’identità di un semplice cameriere, perché imprigionarlo per tanti  anni, quasi  trenta, se la soluzione più ovvia (per il potere di  allora) sarebbe stata quella di  far sparire in maniera definitiva lo  scomodo  testimone?

Dubbi  e ancora dubbi: nel  frattempo si può  guardare il film del 1929 “la maschera di  ferro”   del regista Allan Dwan

 

“La svastica sul sole” in versione Amazon Video

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Aspettando che Amazon Video sbarchi  anche in Italia, evento possibile considerando che Netflix per prima  ha giudicato il mercato  italiano degno  di  qualche investimento, cosa guardano i clienti  americani  di Amazon Video (nonché la clientela tedesca e quella inglese)?

Il catalogo in offerta è inferiore a quello  di  Netflix, ma a differenza di  quest’ultimo  si possono noleggiare film per lo streaming, ma con alcune produzioni  di eccellenza.

Come, ad esempio, The Man in The High Castle, più conosciuto in Itala con il titolo La svastica sul sole, celeberrimo romanzo  di Philip K.Dick.

La trama del  racconto è arcinota per gli  appassionati  di  fantascienza e di storia alternativa (ucronia): la Seconda guerra mondiale è stata vinta dai  nazisti e gli  Stati Uniti  sono  sotto il dominio della Germania e del  Giappone. I nazisti, nei  territori  da loro  occupati, conservano tutta la loro brutalità nei  riguardi  della popolazione civile. I giapponesi, al contrario, che occupano tutto la West Coast, sono attratti dalla cultura americana e, quindi, la loro dominazione è molto  più benigna.

In primo piano le vicende di un gruppo di personaggi: l’orafo ebreo Frank Frink (il cui vero nome sarebbe Fink, alterato per sfuggire alla caccia dei nazisti), la sua ex-moglie Juliana, insegnante di arti marziali, l’antiquario Childan (che vive servendo i giapponesi, ma ammira segretamente i nazisti), il funzionario nipponico Nobosuke Tagomi e l’uomo d’affari svedese Baynes. Le vite di queste cinque persone entreranno in contatto in modo drammatico, quando verranno coinvolti in una serie di complotti orditi dalle potenze che si sono spartite il mondo; a tutti verrà però concessa una rivelazione sul mondo in cui vivono e che sembra loro normale, per quanto mostruoso.

The Man in The High Castle già dal primo episodio  pilota ha avuto i pareri  favorevoli  della critica e del pubblico,: certamente  questo è anche  dovuto  alla regia affidata, nientemeno,  che a Ridley Scott, nonché al  fiuto per la produzione di serie di  successo, tra cui  X-Files, di Frank Spotnitz.

Qualche critica è stata avanzata nei  confronti di  Amazon per la campagna pubblicitaria a New York  considerata troppo invasiva: ha tappezzato  i sedili  della metropolitana con bandiere americane in cui  le stelle erano  state sostituite dalle  croci  gotiche (simbolo  della Wermacht). Inutile dire che il governatore dello  stato di  New York, Andrew Cuomo, ne ha intimato l’immediata rimozione.

Alla prima stagione di The Man in The High Castle, composta da dieci  episodi, ne seguirà una seconda serie.

 

 

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