Nel 1985 la casa editrice Mondadori pubblicò nella collana Urania, dedicata ai romanzi di fantascienza, Autocombustione umana dello scrittore irlandese Bob Shaw (vedi anche l’articolo su 24Cinque Autocombustione umana: dalla fantascienza alla (fanta)scienza).
La trama del libro, intuibile dal titolo, rimanda al fenomeno per cui un corpo umano prende fuoco senza nessuna causa apparente: ovviamente, per quanto una certa cronaca parla di fenomeni realmente accaduti, in mancanza di prove scientifiche certe possiamo tranquillamente affermare di trovarci nel campo del paranormale o, per meglio dire, della pseudoscienza.
Anche per il faraone Tutankhamon si è parlato in passato di autocombustione, anche se ciò era accaduto per un fenomeno legato alla reazioni chimiche tra gli elementi utilizzati per il processo di imbalsamazione.
Nel 2013, Chris Hauton, direttore dell’Egypt Exploration Society, insieme all’archeologo forense Matteo Ponting e l’antropologo Robert Connolly, hanno esaminato un lembo di pelle preso dal corpo del faraone, traendone la conclusione che, dopo il seppellimento e all’interno del sarcofago, vi sia stato l’autocombustione innescata da un errata procedura eseguita dagli imbalsamatori.
Ricordiamo che la scoperta della tomba di Tutankhamon, avvenne nel 1922 nella Valle dei Re ad opera di Howard Carter e che la tragica morte di alcuni degli scopritori non fece altro che alimentare la leggenda di una superstizione legata alla profanazione della tomba (eppure Howard Carter, il responsabile del ritrovamento, morì di vecchiaia nel 1939).
Non è accaduto nulla di tutto questo ai tre scienziati che hanno ipotizzato una parziale autocombustione della mummia, se non una secca smentita da parte di R.C. Williams del National Geography con l’asserzione che l’ipotesi non era valida in quanto nessuno dei gioielli o suppellettili sepolti con Tutankhamon presentavano segni di combustione.
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