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Scoperta un’altra barriera corallina in Australia

 

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Distribuzione delle barriere coralline nel mondo

 

Dietro  alla Grande barriera corallina se ne nasconde un’altra: è quanto scoperto da una ricerca della Royal Australian Navy, utilizzando la tecnologia laser,  che ha portato  alla luce una struttura  a forma ciambellare composta da formazioni  geologiche create da alghe verdi (Halimeda).

Si  è già parlato ii passato della presenza di  queste strutture, ma solo oggi si è avuto la possibilità di  avere un riscontro  riguardante la loro  forma e dimensione: ogni  tumulo  a forma di  ciambella misura dai 200 ai 300 metri  di  diametro, con il  centro avente   dieci  metri  di profondità.

La scoperta di  questa nuova barriera corallina potrà offrire agli  scienziati  la possibilità di nuovi  studi sull’impatto dei  cambiamenti  climatici  e il fenomeno  dello  sbiancamento  dei coralli  dovuto ad un aumento  della temperatura dell’acqua marina.

 

I “vortici oceanici”.

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Anche l’oceano  ha i  suoi  “buchi neri”, cioè vortici dal  diametro  fino  a150 chilometri che, come i  “cugini” che abitano  l’universo, sono  circondati  da una fascia coerente di  fluido in movimento  (il vortice) che li  separa dall’ambiente circostante, cioè il resto  dell’oceano.

I vortici  più studiati  son  stati  quelli denominati  come gli  “anelli  di Agulhas” (Sudafrica) dal  luogo  dove hanno origine per spostarsi in seguito  a nord.

L’acqua, intrappolata all’interno  dei  vortici ne conserva soprattutto  la salinità che, in prossimità dei  ghiacci  artici, ne può ridurre lo scioglimento.

Essendo  i  vortici  oceanici  ancora oggetto  di studio, soprattutto per quanto  riguarda la loro origine, ogni  riferimento ad un possibile loro  meccanismo  sugli  effetti  climatici, va interpretato  come ipotesi  scientifica.

Altra cosa è la pseudoscienza: qualcuno, riferendosi  alla similitudine con i buchi  neri, non ha esitato  a parlare di “cinture fotoniche” che intrappolerebbero tutto al loro  interno:  forse riferendosi  al famigerato  “Triangolo  delle Bermude”.

 

 

 

Perché corre così tanto il ghiacciaio Jakobshavn?

 

Location within Greenland
Mappa della Groelandia By Uwe DederingOwn work, CC BY-SA 3.0,

 

La particolarità del  ghiacciaio Jakobshavn Isbrae (Groelandia) è quello  di  essere fra tutti i ghiacciai  del nostro pianeta il più veloce a correre verso il mare: 17 chilometri  all’anno.

Questa corsa forsennata, sempre riferito  ad un ghiacciaio,  ha come risultato quello  di  scaricare in mare enormi  quantità di  ghiaccio  innalzandone il livello: dal 1900, data di inizio dei  rilevamenti, il ghiacciaio  ha perso qualcosa come 9.000 miliardi di  tonnellate di  ghiaccio.

Questo preoccupa non poco  i  climatologi per gli  scenari futuri su un clima già compromesso da altri  fattori  antropici.

A cosa è dovuto, però, lo  scivolamento del Jakobshavn Isbrae verso il mare?

Una recente ricerca attraverso  l’utilizzo  di radar adatti a penetrare il ghiaccio,  ha evidenziato   la presenza di un’antica rete di  canali  fluviali che, 3,5 milioni  di  anni  fa e cioè prima della formazione del ghiacciaio ,  hanno  formato un paesaggio ricco  di  canyon e valli con un clima decisamente più “tropicale”.

Nel  centro del Jakobshavn Isbrae, dove il ghiaccio  è più spesso, il paesaggio  primordiale sottostante si  è conservato. Ai margini, lo scioglimento  del  ghiaccio, con l’acqua di  drenaggio  andrebbe ad alimentare gli  antichi  canali che, in questo  caso, funzionerebbero  da scivolo per la corsa verso il mare.

I misteriosi crateri siberiani

Uno dei crateri presenti  nella penisola di Yamal (Siberia)

Uno dei crateri presenti nella penisola di Yamal (Siberia)

L’estate scorsa in Siberia alcuni  pastori  di  renne scoprirono  dei misteriosi  crateri giganti  di cui non si supponeva l’esistenza.

Ad essi  si  aggiunsero, attraverso  la visione di immagini satellitari, altri crateri circondati  da strutture geologiche circolari più piccole.

I  crateri  si  trovano in una zona compresa tra la penisola di Yamal  e quella vicino  alla penisola di Taimyr.

È l’origine  di questi  crateri (di  cui  due, nel  frattempo,  si  sono  trasformati in laghi) che preoccupa gli  scienziati; molti  di loro  pensano  che siano  stati  generati da esplosioni  di  gas ad alta pressione (metano o  biossido  di  carbonio) rilasciati  dallo  scioglimento  del permafrost originato, a sua volta, dal  cambiamento  climatico  che ha innalzato la temperatura atmosferica.

Naturalmente il fenomeno desta preoccupazione perché può avvenire ovunque vi  siano  fonti di  gas naturale soggette allo  scioglimento  del permafrost, anche in zone più popolate come in Alaska e Canada nord-occidentale.

 

 

Clima bene comune

clima

 

Un report della Nasa contribuisce ad accertare che i  cambiamenti  climatici  sono in atto, e che stiamo  assistendo  ad un generale aumento  delle temperature con tutte le conseguenze negative che possiamo immaginare.

Luca Mercalli, presidente della società Meteorologica italiana, l’economista  Alessandra Goria hanno recentemente pubblicato il libro “Clima bene comune”.

Tema di questo  saggio è quello  di proporre soluzioni da adottare, sia a livello  sociale che individuale, per affrontare il cambiamento  climatico ed assicurare una degna sopravvivenza per il genere umano e per tutte le specie animali e vegetali.

I dati  evidenziati  nel  libro, dovuti  alle più recenti acquisizioni della ricerca scientifica internazionale, non lasciano nessun dubbio sui  danni, sia sociali  ed economici, che stiamo affrontando  e che dovremo  affrontare proseguendo  nell’ostinazione di non dar credito  a ciò che la scienza da come avvertimento.

Secondo  gli  autori si può ancora agire per invertire la rotta, sempre considerando  che il problema non è risolvibile solo  a livello  locale in quanto è  globale e notevolmente   complesso.

Va da se che  un intervento politico  sovranazionale  è necessario  sia per sconfiggere le lobbies   i cui profitti sono legati  alle questione del  reperimento  di  fonti  energetiche  (carbone e petrolio).

Al pari di  questo  tipo  d’intervento è quello  di  dare più sviluppo  alle soluzini  tecnologiche che possono liberarci  dalla  necessità dell’utilizzo esclusivo  del petrolio e del  carbone come fonti  energetiche.

Concludendo, seguendo la tesi  del libro, la situazione è quella di un pianeta malato ma la cura per stabilizzarlo  esiste: è solo  questione di  fare, per tempo, le scelte giuste.

CLIMA COME BENE COMUNE

Luca Mercalli – Alessandra Goria

Bruno Mondadori  Editore

€ 16.00

(2013)

 

 

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