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Le giraffe comunicano, oppure russano?

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Al pari  dei branchi  di lupi, in  cui gli   appartenenti di un   branco   comunicano   attraverso gli  ululati, da una recente ricerca sembra che vi sia   qualcosa di  analogo  tra le giraffe.

Ritenuti animali  con una gamma di  vocalizzazioni molto ristretta, le giraffe hanno  sorpreso gli  zoologi  durante una ricerca svolta in tre zoo europei: durante la notte esse emettono un suono dalla tonalità molto  bassa e, in un certo  qual modo inquietante (a fine articolo  la traccia audio del  suono emesso  da un giraffa durante la notte).

Per alcuni  dei ricercatori  questa vocalizzazione,  come appunto  accade per i lupi, serve a mantenere il contatto  tra i membri  del  branco e, al  contempo, trasmettere informazioni.

Per altri  ricercatori questo  ronzio non è altro che il “russare” dell’animale durante lo stato onirico.

 

Il “blob” del calamaro

Calamaro  rosso

Calamaro rosso

 

Sorpresa, curiosità ed anche un pizzico di  timore sono le emozioni  che, al  largo  delle coste della Turchia, alcuni  subacquei hanno provato scoprendo una sfera gelatinosa e trasparente del  diametro  di  quasi  quattro metri.

Tralasciando  spiegazioni  al limite della fantascienza,  a mettere forse fine al mistero  sulla natura del “blob” è stato il dottor Michael Vecchione,  biologo  marino  presso lo Smithsonian Museum of Natural History: per lo  scienziato si  tratta di un enorme massa composta da uova di  calamaro, in special modo  della specie Ommastrephes bartramii  detto  anche calamaro  rosso  volante molto  raro  nel  Mediterraneo.

Già nel 2008, nel  Golfo  di  California, venne trovata una massa dalle dimensioni  analoghe a quella scoperta  nelle acque della Turchia: essa conteneva all’incirca due milioni  di  uova di  calamaro. L’eccezionalità di  queste scoperte sta nel  fatto  che solitamente queste masse si  trovano  in acque molto  profonde e, quindi, non facilmente avvistabili e solo  occasionalmente in acque poco  profonde.

 

 

Chi ha paura del lupo che cattivo non è più?

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Chi ha paura del lupo che cattivo non è più?

Certamente, e a ragione, gli allevatori che si  sentono minacciati dalla presenza del predatore.

Forse i cacciatori i quali, pensando  alle loro possibili prede, vedono  nel lupo un antagonista  per la caccia: ma i lupi, in effetti, più che altro  cacciano  animali vecchi  oppure malati e solo occasionalmente individui  sani.

I cacciatori  sono meno  selettivi.

Per tutto il resto, avere paura del lupo oggi è anacronistico: è “lui” ad aver paura dell’essere umano che l’ha portato alla quasi estinzione.

Riprendendo l’argomento riguardante la predazione negli  allevamenti, quando questi  non sono  causati  da branchi  di  cani  rinselvatichiti, si  ricorre ai  ripari offrendo un giusto indennizzo per l’allevatore che ha subito un danno  dalla predazione e, nel  contempo, offrendo la possibilità di dotarsi  di appropriate difese,  quali  recinzioni  elettrificate e cani  da pastore (con adeguati  corsi per gestire al meglio l’animale che avrà il compito  di  difendere i l gregge, e non azzannare innocenti  escursionisti).

Non tutte le regioni interessate dal  fenomeno  del “ritorno  del lupo” sono preparate ad affrontare al meglio la situazione, fornendo  anche un adeguata informazione sul predatore necessaria per sgombrare il  campo  da equivoci  e false credenze (qualcuno parla ancora li  lupi “paracadutati” da incoscienti  animalisti).

La Regione Marche, in occasione dell’Anno internazionale della Biodiversità, ha messo in atto una serie di iniziative tra le quali il progetto per una Rete Ecologica Regionale per individuare ecosistemi,  habitat e specie:  tra questi il lupo,  fondamentale per l’equilibrio  biologico essendo al vertice della catena alimentare.

Il risultato di  questa ricerca è quella di acquisire nuove informazioni sul lupo necessarie per approntare in modo  adeguato i problemi  sulle attività antropiche (vedi  box).

Il Parco Nazionale della Majella, insieme a quello  del Pollino  e Foreste Casentinesi ed ancora altri enti pubblici, insieme hanno  dato  vita al progetto Life Wolfnet finanziato  dall’Unione Europea, nell’ambito  del LIFE+ 2008, che ha come obiettivo principale la riduzione dei  fattori  di  rischio  per il lupo, lo sviluppo di modelli ideali  per la sua protezione e gestione della specie nell’ambiente appenninico.

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