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GeoResQ: un servizio per la sicurezza in montagna

Passo Giau / 24Cinque ©

 

Chiunque frequenti  la montagna in modo corretto, quindi  con attrezzatura adeguata e piena conoscenza dei propri limiti  fisici, comprende che la sicurezza è un tema fondamentale da non essere fondamentalmente trascurato.

Purtroppo, nonostante l’esperienza costruita in anni  di  frequentazione dell’ambiente montano,  un evento  negativo è sempre possibile: da qui  la necessità di munirsi di  tutto  quello  che tecnicamente è possibile per la nostra incolumità e, cioè, dal vestiario  adeguato per affrontare un repentino  cambio atmosferico, fino ad un supporto  tecnologico.

Riferendoci alla tecnologia, qualunque tipo  di  smartphone (per non parlare dei  telefoni  satellitari) permette di inviare richieste d’aiuto in caso  di pericolo attraverso l’utilizzo di  appositi  applicativi.

GeoResQ è un servizio  di  geolocalizzazione ed inoltro delle richieste d’aiuto gestito dal  Corpo Nazionale Soccorso  Alpino e Speleologico (CNSAS) e dal Club Alpino Italiano  (il servizio  è gratuito  per i  soci  CAI) .

L’App è scaricabile dagli  store dei  diversi  sistemi operativi  per smartphone.

 

 

Terremoti Italia: il sisma sul nostro smartphone

terremoti italia

 

La Terra è sempre in movimento: microsismi  di cui non ne abbiamo  percezione; sussulti più forti  che incutono  paura; terremoti che generano  tragedie.

La scienza, allo  stato  attuale, è ancora lontana da dare indicazioni  precise sui  tempi e sul luogo  dove avverrà un evento  sismico. Le carte sismiche forniscono  indicazioni  per quanto  riguarda la vulnerabilità di un territorio in correlazione ai terremoti storici. Dovrebbero  servire, inoltre, a suggerire dove le abitazioni  dovrebbero  essere costruite con i più moderni  criteri  antisismici.

Se, per un  motivo o per l’altro, siamo interessati ad essere aggiornati  costantemente sugli  eventi  tellurici  del nostro Paese e quelli  di  altre nazioni, Terremoti  Italia è l’applicazione creata da Max Di  Cosimo (per Android e iOS) tra le migliori  del  settore.

I terremoti  vengono  visualizzati su  di una mappa insieme alle faglie attive e al loro grado di  sismicità.

Sono fornite le distanze dell’evento dalla propria località di  residenza, la durata ed il loro  grado  di pericolosità.

I  dati  forniti  dall’applicazione possono  essere condivisi sui  social  network.

L’applicazione è gratuita oppure a pagamento  per non visualizzare i banner.

 

20.000 leghe sotto i mari: quanto rumore!

sirene

 

Qualcosa  di  rumoroso potrebbe disturbare il sonno delle sirene.

A confutare tale tesi  è stata un’equipe di  ricercatori del  NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e dell’Oregon State University, in collaborazione con la US Coast Guard.

Posizionandosi in verticale sul punto più profondo dell’oceano Pacifico, e cioè il Challenger Deep  (profondità compresa fra i 10.898 metri  ei 10.916 metri, all’estremità sud della fossa delle Marianne), hanno fatto   inabissare, fino  a toccare il fondo  dell’abisso, un idrofono protetto da una custodia in titanio per catturare i suoni di  quel  magico  mondo  subacqueo.

A parte il rumore prodotto  dal  traffico  marittimo, è molto  suggestivo quello del  “canto  delle balene”, come terrificante è il suono di un terremoto  di  magnitudo 5 (audio di  entrambe le registrazioni  a fine articolo).

Perché questa ricerca?

Con essa si  studia l’inquinamento  acustico  alle massime profondità e la sua influenza sulla vita della fauna marina

 

WT 1190F: spazzatura spaziale in arrivo sulla Terra

261015

Spooky,  cioè l’asteroide 2015 TB 145,  avrà un incontro  molto  ravvicinato  con il nostro pianeta la notte di  Halloween: coincidenza tale da far pensare a qualche oscuro presagio.

Nulla da temere perché Spooky (ci piace chiamarlo  così), pur essendo un macigno  stellare di  400 metri  di diametro, che transiterà a soli 480mila chilometri dalla Terra (quasi una volta e mezza della distanza Luna –Terra), rimarrà solo un evento  interessante da seguire per la comunità scientifica.

È invece certo, o  del  tutto  “quasi  certo”, l’impatto  con  la superficie terrestre di un oggetto residuo  della nostra stessa tecnologia: WT1190F era un piccolo  satellite entrato in orbita intorno  alla Terra ed osservato per la   prima volta  nel 2013: il mistero, se proprio  si  vuole chiamarlo  tale, sta nel  fatto  che non se ne conosce effettivamente l’origine: per alcuni  si  tratterebbe della parte residua di uno  dei  razzi  utilizzati  nel  programma Apollo, per altri  ancora di un satellite fuori  uso tra i tanti  che orbitano intorno al nostro pianeta (c’è tanta spazzatura lassù).

Comunque, WT1190F, non costituisce nessun pericolo: è stata calcolata che la sua dimensione è al  massimo  inferiore ai  due metri e che cadrà il 13 novembre prossimo nell’Oceano  Indiano a circa 65 miglia dallo  Sri Lanka.

 

Klondike? No, è 2011 UW – 158

Immagine dell'asteroide 2011 UW - 158

Immagine dell’asteroide 2011 UW – 158

 

La nuova “corsa dell’oro” si terrà nel profondo  cosmo,  dove alcuni  asteroidi di  diverse dimensioni  sono ricchi  di oro e di  altri  metalli pregiati: delle vere e proprie miniere viaggianti.

Come, ad esempio, 2011 UW-158 l’asteroide largo poco  più di  500 metri il cui  nucleo  sembra custodire la bellezza di novanta milioni  di tonnellate di platino per il valore corrispettivo  di 5.000 miliardi  di  euro.

Naturalmente estrarre metalli preziosi  nello  spazio  non è la stessa cosa che farlo  sulla Terra: non per questo l’idea spaventa alcuni  “visionari” (estremamente ricchi) come il co-fondatore di  Google Larry Page e il regista James Cameron.

I due, nel 2010, hanno fondato  la società Planetary Resources con lo scopo  di  lanciare satelliti progettati per estrarre i minerali preziosi dagli asteroidi.

Pura fantasia e spreco  di  denaro?

Eppure Google e film come Avatar ci  dicono  propri il contrario: fare investimenti  su  quello  che oggi  sono solo  idee domani, chissà, potrebbe essere il nuovo Klondike.

 

 

Progetti grandiosi ed irrealizzabili: Russian Superhighway

270315

Si è discusso molto riguardo il progetto del Ponte sullo  stretto  di  Messina e, per fortuna aggiungiamo, alle parole non sono seguiti  i  fatti.

Almeno per il momento.

Eppure, andando oltre ai  “fatti  di  casa nostra”, c’è chi immagina opere tecnologiche-strutturali  che farebbero impallidire qualunque ponte su   qualunque stretto.

Ad esempio, notizia riportata da “The Siberian Times”, Vladimir Yakunin, uomo d’affari  russo  e presidente della Russian Railways, ha presentato durante un incontro con l’Accademia Russa delle Scienze l’idea per un progetto di una rete ferroviaria e stradale che collegherebbe non solo  tutto il territorio  della Federazione Russa ma,  qui sta la “grandiosità” del progetto, interfacciandosi con le altre infrastrutture europee e americane costituirebbe una direttrice che, ipoteticamente, porterebbe a viaggiare da Londra a New York solo  via terra.

In pratica Russia ed America sarebbero a portata di  mano (si  fa per dire) attraversando lo  Stretto  di  Bering.

Alcuni  detrattori  del progetto hanno, però, fatto  notare al presidente Yakunin che il capolinea in territorio americano sarebbe la città di Nome in Alaska dove non esistono collegamenti  adeguati  per viaggiare all’interno  del  territorio  statunitense.

In poche parole lo sfortunato nomade russo  si troverebbe a  giungere in un “grande nulla” .

 

 

 

Un progetto per il “paesaggio invisibile” di Stonehenge

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È universalmente conosciuto  come uno  dei  siti  archeologici più fascinoso  per l’aurea di mistero  che da sempre la circonda: Stonehenge.

Ma cosa si  nasconde nel suo  sottosuolo? Quanti altri indizi sono ancora nascosti per definire la storia  del popolo che ha innalzato  questo monumento?

Per dare una risposta a queste domande è nato  lo “Stonehenge Hidden Landscape Project” , voluto  dall’Università di  Birminghan  in collaborazione con il Ludwig Botzmann Institute for Archeological Prospection and Virtual  Archeology.

Lo  scopo  del progetto è quello  di  creare una mappa tridimensionale di  questo  “paesaggio invisibile” e di  correlarla  con  i  dati ricavati  da analisi geofisiche per poter infine dare un quadro più preciso  dell’ambiente riferito  all’epoca della costruzione di  Stonehenge.

Notizie dalla sonda Cassini – Huygens

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Dopo il pianeta Giove è Saturno ad essere quello  di  dimensioni  maggiore tra i  corpi  celesti  che compongono  il nostro  sistema solare.

È classificato  come “gigante gassoso” (insieme a Urano, Nettuno ed il già citato  Giove): la sua massa è pari  a 95 volte quello  della Terra e la sua composizione è data dal 95% di  idrogeno  e solo il 3% di  elio.

Pur essendo  stato osservato nei  suoi movimenti  dagli  astronomi  babilonesi, è con Galileo che, nel 1610, le osservazioni  si  fanno più peculiari ipotizzando anche la presenza delle strutture anellari intorno  ad esso.

Fu  quarantacinque anni  dopo,  quindi  nel 1655, che l’astronomo olandese Christiaan Huygens riuscì a definire la natura anulare degli  anelli  osservati  da Galileo (oltre alla scoperta del  satellite Titano).

Nel 1675 fu la volta di  Giandomenico  Cassini a dare notizia sulla natura degli  anelli  e sulla loro  suddivisione (o lacune), ed insieme a d esso  la scoperta di  altre quattro lune di  Saturno: Rea, Giapeto, Dione e Teti.

Oggi è una sonda con il nome dell’astronomo di origine italiana a fornire nuovi  dati  su  Saturno: la sonda Cassini della NASA, in orbita intorno  a saturno  dal 2004, suggerisce attraverso nuove analisi che la data degli  anelli  potrebbero  risalire a 4,4 miliardi  di  anni  fa. Questo smentirebbe le teorie più recenti che stimerebbero l’età degli anelli  a “soli” qualche centinaio  di  anni.

 

Cassini-Huygens

Enciclopedie on line

Cassini-Huygens Missione spaziale progettata per l’esplorazione di Saturno e della sua luna più grande (Titano), nata dall’impegno congiunto delle agenzie spaziali statunitense (NASA), europea (ESA) e italiana (ASI) e lanciata da Cape Canaveral (Florida) il 15 ottobre 1997 con un razzo Titan IV-B/Centaur

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Solo vent’anni per incontrare gli alieni

"Supernova" ©24Cinque

“Supernova” ©24Cinque

 

“ E’ altamente improbabile che siamo  soli nell’universo”.

Quante volte abbiamo  sentito  questa frase e quante volte l’abbiamo  condivisa: anche solo parlando in termini statistici, la probabilità che esistano  altre forme di  vita su  altri pianeti è molto  alta.

Se la stessa frase è poi stata detta a Washington, durante una tavola rotonda della NASA  (e quindi non in un club  di  ufologi), la risonanza che la stessa può avere è pari alla serietà di  chi l’ha pronunciata e cioè scienziati  e amministratori  appartenenti all’agenzia americana spaziale.

È probabile, però, che la dichiarazione possa lasciare qualche dubbio per quanto  riguarda i  tempi  di  attesa affinché ci  sia per lo meno una prova dell’esistenza di ET.

Ebbene, sempre secondo  quando  si  è detto  durante il convegno, per gli  scienziati  non bisogna aspettare molto: il limite di  tempo da loro  ipotizzato è di “soli” vent’anni.

Certo , rapportati  alla durata della nostra vita media, vent’anni sono sempre tanti, ma non sono un’enormità: questo  vuol  dire che un cinquantenne di oggi potrà avere la possibilità di  essere testimone di un simile evento.

Il convegno  è partito  dopo  le analisi  dei  rapporti  forniti dal  Kepler Space Telescope della NASA: l’osservazione del pianeta Kepler – 186F, è stato salutato come la “prima scoperta di un pianeta simile alla Terra in quella fascia orbitale intorno  ad una stella dove è possibile l’esistenza della vita”.

Per gli  scienziati è possibile che molti  altri pianeti, anche solo nella nostra galassia, abbiano le stesse caratteristiche di  Kepler – 186F.

Nel 2018 è previsto il lancio del  James Webb Space Telescope progettato per studiare la luce infrarossa e quindi rendere più facile l’individuazione di pianeti  extrasolari.

Bisogna solo  aspettare.

La Terra in alta definizione dallo spazio

ISS

ISS

 

Lo spettacolo  del nostro pianeta visto  dall’oblò di una navicella: è possibile anche rimanendo sulla sua superficie,  da casa nostra e attraverso  lo  schermo  di un computer.

La Nasa attivando il sistema High Definition Earth Viewing (HDEV), cioè un sistema composto  da quattro  telecamere HD sistemata a bordo  del modulo  Esa Columbus della stazione spaziale internazionale, invia in streaming i video  verso  la Terra, dando quindi la possibilità a chiunque di guardare immagini eccezionali  del nostro  pianeta.

Il modulo  orbita a 400 chilometri di  altezza ed ad una velocità di  27mila chilometri l’ora: il segnale non è visibile solo in determinati  periodi  di oscuramento.

L’iniziativa della Nasa è dovuta alla ricerca del miglior sistema ottico  per la trasmissione di  dati in streaming verso  la superficie terrestre.

In diretta da Ustream

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