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I varani in Europa 800.000 anni fa

Varanus komodoensis

 

La famiglia dei  varani, di  cui  il drago  di  Komodo  è la specie più conosciuta, era considerata scomparsa dall’Europa all’incirca verso  la fine del  Pliocene, cioè 2,5 milioni  di anni fa.

Il ritrovamento trent’anni  fa  di alcuni  fossili in Grecia, a Tourkovounia vicino  ad Atene, e conservati  in una raccolta  custodita dall’Università di  Torino, sono  stati recentemente  riesaminati    dal paleontologo  greco Georgios Georgalis che ha stabilito la loro età risalente ad 800.000 anni  fa, quindi molto  dopo  la fine del Pliocene.

 

I fossili, un pezzo  di  cranio  ed uno  di  mandibola della lunghezza di pochi  centimetri, son stati  comparati anatomicamente ai  varani: certo le loro  dimensioni non erano  quelle del  drago  di  Komodo, ma molto inferiori forse come adattamento  ad un clima che diventava sempre meno caldo.

 

 

Un antico fossile di roditore scoperto in Siberia

I sedimenti del fiume Bolshoy dove è stato ritrovato il dente fossile dell’antico roditore

 

Partendo  dal  ritrovamento  di un unico   dente fossile,  della lunghezza di 2,6 mm, i ricercatori  dell’Università statale di  Tomsk (Siberia – Russia) pensano di  aver trovato un antico  antenato  degli odierni criceti.

Il ritrovamento è stato  fatto  nei  sedimenti del  fiume Bolshoy Kemchug nel  sud  di Krasnoyarsk, a soli  cinque chilometri  di  distanza da un cimitero  di fossili di  baby dinosauri molto importante per i paleontologi.

Ritornando al dente fossile dell’antico  roditore,  a cui  è stato  dato il nome di Baidabatyr ( dalla parola russa baydarka per barca o  kayak e batyr come eroe) ,   gli  scienziati sono  cauti  nel  dare una misura delle sue dimensioni partendo, per l’appunto, da quelle di un solo  dente, ma sono certi  di  far risalire la sua età a quella del Giurassico e fino al  Cretaceo  quando  si è estinto.

Sono  certi, inoltre,  che il roditore,  al pari  del moderno  ornitorinco, avesse degli speroni  velenosi  per difendersi  dai  predatori e che esso  rappresenti un ramo  estinto nell’evoluzione dei  mammiferi.

 


 

 


 

 

 

 

La vita: dal mare alla terra, oppure contemporaneamente?

 

Panorama della regione Pilbara – Australia occidentale
Foto Kathy Campbell / University of New South Wales

 

La teoria ricorrente dice che la vita sulla Terra si  è sviluppata da prima negli oceani, presso sorgenti  idrotermali,  espandendosi, quindi, verso  la   terraferma.

Potrebbe essere accaduto il contrario?

Considerando che le più antiche testimonianze della vita sulla Terra risalgono a 2,8 miliardi  di  anni  fa ( quelle negli oceani  sono  più antichi  all’incirca di un miliardo  di  anni), sembrerebbe accertata questa unidirezionalità nello sviluppo della vita.

Sennonché una recente ricerca della University of  New South  Wales  in Australia, ipotizza una certa contemporaneità nella nascita di microrganismi nell’acqua e in terra.

Infatti fossili  composti  da stromatoliti risalenti  a3,5 miliardi di  anni fa, sono  stati  ritrovati nelle rocce di un antico  vulcano estinto  nella regione di Pilbara nell’Australia occidentale.

Come, nel  caso  dei microrganismi  sviluppati  nella profondità degli  oceani, anche quelli terresti hanno  avuto  come culla sorgenti  idrotermali  che, una volta evaporate, concentravano gli  elementi necessari alla loro evoluzione.

 



 

I dinosauri invecchiano di venti milioni di anni

Filogenesi dei dinosauri basata su calcoli probabilistici - Credit: Biology Letters (2016).

Filogenesi dei dinosauri basata su calcoli probabilistici – Credit: Biology Letters (2016).

 

Attraverso una metodologia basata su  calcoli  probabilistici, un team  di  ricercatori  provenienti dalla Gran Bretagna e Stati Uniti hanno ipotizzato una retrodatazione, all’incirca di venti milioni  di anni, per l’evoluzione riguardante i  dinosauri.

Nel metodo  probabilistico  utilizzato i ricercatori hanno utilizzato i dati provenienti da circa 1.000 specie di  dinosauri, creando un albero  filogenetico (nella figura in alto) risalente a 250 milioni  di  anni  fa, cioè alla loro prima apparizione nella vita terrestre, prendendo  come punto  di  riferimento il Nyasasaurus il cui  fossile, ritenuto il più vecchio  finora scoperto, ha una datazione di 240 milioni di  anni.

Inoltre, sempre riferendosi a quest’albero  filogenetico, si  è stabilito che la linea evolutiva degli  uccelli si  sia diramata, da quella dei  sauri, in periodo  compreso  tra 165 e 172 milioni di  anni  addietro.

Se quanto  riportato  dalla ricerca sarà convalidata da ulteriori  studi, ciò vorrà significare che le  creature che in seguito  daranno  vita alle varie specie di  dinosauri, sono  riuscite in qualche modo  a sopravvivere alla prima grande estinzione e cioè quella del periodo Permo – Triassico.

Un “Antico cervello” per un pterosauro

La ricostruzione di un paleoartist di una nuova specie di pterosauro, Allkaruen koi . Credit: Gabriel Lío

La ricostruzione di un paleoartist di una nuova specie di pterosauro, Allkaruen koi .
Credit: Gabriel Lío

 

Sebbene il fossile scoperto  recentemente in Groenlandia può vantare di  essere quello più antico rappresentante di una forma vivente, 3,7 miliardi  di  anni, si parla pur sempre di “vita elementare” in quanto si  tratta di uno  stromatolite, cioè di una struttura formata da sedimenti prodotti  da micro-organismi.

Ed è per questo  che, forse, la scoperta di un nuovo  fossile,  questa volta di una nuova specie di  pterosauro, accende molto più la fantasia che i  vetusti stromatoliti.

Questo  rettile volante, o per meglio quello  che ne resta e cioè il fossile di una scatola cranica, è stato  ritrovato in Argentina (provincia centrale di  Chubut – Patagonia). La sua età viene fatta risalire in un arco  di  tempo stimato  tra i 199 milioni di  anni  fa e i 175 milioni di  anni (periodo  Giurassico).

I paleontologi  che hanno  scoperto il fossile, hanno  dato all’esemplare il nome di Alkaruen Koi che, nella lingua indigena Tehuelche parlata in Patagonia, significa “Antico  cervello”.

La particolarità della scoperta è appunto in quella di  aver ritrovato il fossile di una scatola cranica intatta. Ciò ha permesso, attraverso scansioni  tomografiche, di  ricostruire virtualmente l’interno del  cranio e, dopo  un confronto con altri  fossili  di pterosauri collocarlo nella giusta posizione dell’albero  genealogico della specie.

 

 

 

305 milioni di anni fa: il quasi ragno

Immagine di tomografia computerizzata del Idmonarachne brasieri

Immagine di tomografia computerizzata del Idmonarachne brasieri

Gli aracnidi hanno incominciato  a colonizzare la superficie terrestre almeno 420 milioni  di anni  fa.

Nonostante questo,  trovare un fossile di  aracnide è molto  difficile: ed è per questo che riveste un interesse scientifico particolare la scoperta in un giacimento  di  carbone presso Monteceau les –Mines (dipartimento  della Saona e Loira, nella regione della Borgogna, Francia) vecchio  di 305 milioni di  anni.

Gli  scienziati  hanno trovato per il fossile il nome di Idmonarachne brasieri  (Idmone, nella mitologia greca, era il padre di Aracne). Si può quasi  considerare un “prototipo” del ragno  moderno, in quanto  differisce per la mancanza di  filiera e un addome non segmentato  come in quelli  contemporanei alla nostra era.

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Quando il T.rex viaggiava tra i continenti

040316

 

Il nord dell’America è stata terra d’immigrazione nel passato da parte di popolazioni  provenienti  dall’Asia.

Fin qui  la notizia sarebbe banale, solo  che il tempo  riferita a questa immigrazione risale a milioni di  anni  fa ed a farla non è stato l’essere umano, non ancora apparso nella scala dell’evoluzione, ma un dinosauro, in particolare, il re dei  dinosauri: il Tyrannosaurus Rex.

A dare la notizia, che aspetta ulteriori conferme scientifiche, è un team  di paleontologi  dell’università di Edimburgo, in Scozia.

Ancora oggi, in effetti, del  T.rex non si  ha un albero  genealogico  definito. Si conoscono 28 specie di  T.rex e da qui  si  è tentato di  crearne la discendenza (vedi immagine seguente).

 

Tyrannosaur-Phylogeny (1)

 

Si  pensa che i progenitori  del nostro  dinosauro  vivessero  nel supercontinente Pangea e, all’incirca 200 milioni  di  anni  fa, quando  il supercontinente incominciò a dividersi, le diverse specie rimasero confinate nei  nuovi  continenti appena formatisi  dalla disgregazione della Pangea, differenziandosi  l’una dall’altra.

Circa 67 milioni  di  anni fa, sempre secondo gli  studi dei paleontologi, avvenne un ulteriore “rimescolamento” geologico che creò un ponte terrestre tra Nord America ed Asia permettendo, quindi, ai  T.rex asiatici  di  emigrare.

L’analisi  degli scheletri  dei  dinosauri  ritrovati in Nord America ed Asia avrebbe dato come risultato  molte significative rassomiglianze a conferma della tesi di questa immigrazione.

Cosa nuotava negli oceani di 480 milioni di anni fa? L’Aegirocassis benmoulae

Ricostruzione di Aegirocassis benmoulae

Ricostruzione di Aegirocassis benmoulae

Se Aegirocassis benmoulae fosse vissuto fino  ai nostri  giorni non sarebbe il più grande animale marino: i  suoi  sette metri  di lunghezza sarebbero  surclassati  dai  trentatré metri  della balenottera azzurra, dai  venti  metri  dello squalo  balena e dai  quindici  metri del calamaro  gigante.

Al più, per i suoi  sette metri  di lunghezza,  potrebbe dividere il podio,  con il temibile squalo  bianco e,  sicuramente, condividerne anche l’aggressività.

I resti fossili del Aegirocassis benmoulae,  scoperti  nel  sud – est del  Marocco,  hanno un’età approssimativa di 480 milioni di  anni, quindi  risalenti all’ Ordoviciano,  il secondo  periodo dell’era Paleozoica (vedi  tabella in basso – cliccare per ingrandire). l’ Aegirocassis benmoulae apparterebbe al gruppo degli Anomalocaridae, una specie di primissimi  animali  marini risalenti  al  Cambriano.

Quello che contraddistingue Aegirocassis dai più antichi  resti  fossili di  Anomalocaridae del  Cambriano, è la sua morfologia composta da una lunga testa ed un corpo  segmentato con delle branchie sul dorso ed una serie di pinne lungo  il tronco  preludio agli  arti  delle forme più moderne di  artropodi  come i  gamberetti.

 

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Quando le piume servivano per comunicare

Scheletro di  Archaeopteryx Museo di  Storia Naturale di  Berlino

Scheletro di Archaeopteryx
Museo di Storia Naturale di Berlino

 

Ricercatori  dell’Università di  Bonn hanno condotto  uno  studio riguardante la presenza di piume nei  dinosauri milioni  di  anni prima che alcuni  di  essi  evolvessero  nelle forme adatte al volo.

La ricercatrice Marie – Claire Koschowitz afferma che la presenza di piume colorate avrebbe avuto negli  antichi  rettili  lo  stesso  significato  che oggi  è  alla base nella selezione sessuale degli uccelli.

La teoria per cui  le piume erano  solo un adattamento per il volo andrebbe quindi  rivista come strumento per la facilitazione della comunicazione e scelta del  partner.

Il team  guidato  dalla ricercatrice tedesca è arrivato  a questa conclusione dopo  aver analizzato  sequenze genetiche rassomiglianti tra dinosauri, rettili moderni  ed uccelli. L’analisi  ha portato  ad ipotizzare che i  dinosauri  possedessero la capacità di una visione “tetracromatica” grazie alla presenza di  fotorecettori per rilevare luce ultravioletta e nello  spettro  blu, verde e rosso ampliando così la relazione intraspecifica.

 

 

Una forma anfibia di ittiosauro scoperta in Cina

 

Cartorhynchus lenticarpus

Cartorhynchus lenticarpus

La recente scoperta in Cina di un ittiosauro anfibio, a cui  è stato  dato il nome di Cartorhynchus lenticarpus,  è per i paleontologi  l’anello che collega le forme terrestri  di rettili  con quelle marine.

Gli ittiosauri (dal greco Ichtyos per “pesce”) erano predatori marini vissuti dal  Triassico  al  Cretaceo (da 250 milioni  di  anni fa fino a 90 milioni) la cui  origine non è del  tutto  chiara.

Il fossile scoperto in Cina (nella provincia di Anhui) dall’equipe guidata da Ryosuke Motani (professore presso il dipartimento di Scienze della Terra della University of California) risale a circa 240 milioni  di anni  fa e misura un metro  e mezzo  di lunghezza. Secondo gli scienziati le pinne dello scheletro sarebbero state adatte ad una deambulazione terrestre. Tali strutture non sono riscontrabili in altri fossili di ittiosauri che erano  totalmente adattati  alla vita acquatica.

 

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