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NWA 7533: l’età del Pianeta Rosso

Le sabbie di Marte (in ricordo di Arthur .C. Clarke)
CaterinAndemme ©

InSight è in viaggio verso  Marte, arriverà al Pianeta Rosso fra sette mesi  e mezzo, con lo scopo  principale di  esplorare non tanto  quello  che è in superficie ma ciò che è ancora nascosto  nel  sottosuolo  marziano.

Per il momento  la conoscenza di Marte si limita ai  dati  delle precedenti missioni e da quelli, per così dire, piovuti  dal  cielo. 

Parliamo  delle meteoriti  come NWA 7533 (dove NWA indica Nord -West Africa) scoperto  nel 2012 e che gli esperti  hanno indicato  come una breccia polimittica (roccia sedimentaria classificazione  – Pdf – ) il cui  studio è importante per comprendere la genesi  di  Marte.

All’interno  di NWA 7533 sono  stati  rilevati cristalli  neosilicati  e, dall’analisi  del decadimento  radioattivo, si è arrivati  a stimare la loro  età intorno ai 4,4 miliardi  di  anni. 

Questo  indica che la differenziazione della crosta marziana è iniziata all’incirca nei  primi cento milioni  di  anni del pianeta e che, essendo l’età dei  cristalli neosilicati del  tutto  simili  a quelli  terrestri  e lunari, l’evoluzione della Terra e di  Marte, nonché della Luna,  sia stata pressoché contemporanea.

 

Hsi Yuan Chi Lu: la scienza forense di un antico testo cinese

Descrizione dell’apparato scheletrico con i relativi nomi delle ossa.
Dal testo originale Hsi Yuan Chi Lu di Sung Tzu

 

Dimenticatevi  CSI  o  i suoi parenti  più stretti  sparsi  nelle diverse serie televisive,  dove investigatori dall’occhio perspicace aiutati  dalla tecnologia risalgono  al  colpevole da un’esile traccia: tutto è più facile se dietro vi  è una regia ed una sceneggiatura.

Nella realtà le indagini  condotte attraverso  i  metodi  della scienza forense sono molto più complesse di  quelle cinematografiche, non per questo prive di un loro  fascino e sono il risultato di  studi e aggiornamenti  tecnologici succedutosi nel  corso  di  decenni.

Ma quando è nata la scienza forense?

Da un punto di  vista prettamente giuridico si può dire che già nell’antica Roma sia l’imputato  che il pubblico  ministero dovevano  presentare le prove per un punto  di vista di  entrambe le parti ai  fini  dell’assoluzione o  della condanna.

E’ ovvio  che, in questo  caso, non era possibile stabilire la veridicità delle prove su  basi  scientifiche, bisogna aspettare fino  al 1247 quando, in Cina, viene stampato  quello che è il più antico testo  di medicina forense: Hsi Yuan Chi Lu  (Sul lavare via i torti e le accuse ingiuste).

L’autore non è un medico, ma bensì un giudice, Sung Tzu  (da non confondere con il generale e filosofo  Sun Tzu autore de L’Arte della guerra vissuto in Cina tra il VI ed il V secolo  a.C.) la sua opera, ristampata fino  a quasi  l’inizio  degli  anni ’50 del  secolo  scorso, redige una vera e propria guida per aiutare  i  funzionari chiamati  ad indagare sui  delitti.

In essa, ad esempio,  si può leggere come Sung Tzu disquisisce sul esame delle ossa umane:

Le ossa degli uomini  sono  biancastre, quelle delle donne più scure. Q

uando  le donne partoriscono, le loro ossa producono  sangue come un flusso  d’acqua. Di  conseguenza, le ossa saranno  scure.

Se qualcuno ingoia veleno, le ossa saranno  anche scure.

Questo  deve essere esaminato con molta attenzione prima di  decidere sulla loro natura.

 

Teschi: in un uomo  vi  sono un totale di otto  piastre, contando  dalla nuca del  collo, le orecchie, insieme alle piastre della parte posteriore del  cranio, C’è una sutura orizzontale attraverso  la parte posteriore del cranio ed una verticale che scende verso l’attaccatura dei  capelli nella parte posteriore. Nelle donne, ci  sono solo sei piastre. C’è un sutura orizzontale attraverso la parte posteriore del  cranio, ma nessuna sutura verticale.

In un certo  senso più macabro, ma importante nell’analisi del  ritrovamento  di un corpo, è la descrizione di  esso in rapporto  al  tempo:

Durante i  tre mesi  della primavera, quando un corpo è stato  ritrovato  dopo  due o  tre giorni, la carne della bocca, del  naso, della pancia, le costole e il petto  sono leggermente livide. Dopo  dieci  giorni un liquido  emana dalle orecchie e dal naso.

 

 

Durante i  tre mesi  estivi, la carne cambia colore, cominciando con il viso, petto  e pancia. Quando  sono  trascorsi  tre giorni dalla morte, un liquido  apparirà dal naso e dalla bocca e vi  sarà anche la presenza di  vermi. Tutto il corpo  si  gonfia, le labbra si  tireranno  all’indietro, la pelle marcirà e si  staccherà dalla carne e su tutto il corpo  appariranno  delle bolle…

 

 

A questo punto tralasciamo  volentieri la descrizione riguardante il ritrovamento  di un corpo  in autunno  ed inverno.

 

 

 

 

Autocombustione umana: dalla fantascienza alla (fanta)scienza

 

Nella cittadina americana di  Whiteford una ragazza va in cucina a preparare il  caffè lasciando il padre seduto  nella sua poltrona. Quando  ritorna dopo  pochi minuti,  la stanza è piena di  fumo ma non c’è più incendio: ciò che è bruciato (dall’interno) e ridotto in finissima cenere, è soltanto  suo  padre.

Si scopre allora  che testimonianze più o  meno  credibili sul fenomeno  del  CUS (Combustione Umana Spontanea) si  erano  avuto  fin dall’antichità. E pochi  giorni  dopo, nella stessa cittadina, un secondo  caso  si  verifica sotto  gli occhi dello  stesso  scettico  giornalista che sta indagando  sul primo. L’ “autocombustione umana” è ormai un fatto  accertato. resta solo  da spiegare chi  o  che cosa si  nasconda dietro il mostruoso  fenomeno.

Trattandosi  di un romanzo  di  fantascienza dello  scrittore irlandese Bob Shaw, possiamo  essere sicuri  che il fenomeno dell’Autocombustione umana   ( che è anche il titolo  del libro  pubblicato nel 1985  nella collana Urania – Mondadori)  era dovuto esclusivamente all’intervento extraterrestre.

Eppure esistono  centinaia di  casi in cui i resti  di persone carbonizzate nelle proprie abitazioni, senza segni  di incendio  esterni, sono ritenuti  ancora non del  tutto  spiegabili  scientificamente.

 

Pagina del British Medical Journal con l’immagine di un caso di autocombustione (aprile 1888)

 

Tralasciando le fantasie del pirotrone, dovute al  genio  autodidatta di un autista di  autobus tale Larry E. Arnold che ne fece tema di un suo  libro  nel 1996, e dell’autocombustione, questa volta metaforica, che riguarda i partiti  secondo quanto  dice Beppe Grillo  nel  suo  blog, la scienza (quella vera) si è interessata al  fenomeno  dell’autocombustione già a partire dal 1888 quando il prestigioso British  Medical  Journal  ne riportò alcuni  casi.

 

 

 

 

 

 

 

Come si  è  precedentemente detto non vi è ancora una spiegazione univoca al fenomeno  dell’autocombustione umana.

Volendo  restare nel  campo  della razionalità l’articolo del CICAP (Comitato  Italiano per il Controllo  della Affermazioni  sulle Pseudoscienze) a titolo Combustione umana spontanea: un mistero in cenere  può essere di  aiuto  a dissipare qualche dubbio.

Altrimenti  muniamoci  di  estintore: non si  sa mai!

 

 

 

 

Effetti collaterali per la marijuana?

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La commercializzazione legale della marijuana per uso medico negli  Stati Uniti sta creando un mercato valutato intorno  a 1,5 miliardi  di  dollari  l’anno.

Dopo il via libera per l’ uso   “ricreativo” della marijuana  nello Stato  di  Washington e Colorado, prevedendo  che ciò si  estenderà anche negli altri   stati dove attualmente la marijuana è utilizzata solo per scopi medicali, gli investitori  pensano  già a come trarre beneficio da questo nuovo  business: dai  semplici  distributori automatici  per stupefacenti (che immaginiamo  corazzati) fino a sistemi idroponici per far crescere le pianticine nell’acqua.

Naturalmente, quando si parla di introiti, anche il governo  vuole la sua parte: nel caso  degli  Stati Uniti  la tassazione sui prodotti a base di  marijuana arriverà fino  al 40%: una percentuale molto  alta che certo non aiuterà a sconfiggere la distribuzione illegale dello stupefacente.

Il punto è che non tutti  gli  americani  sono  concordi nella liberazione di  quella che, ancora oggi, viene considerata come l’anticamera per le droghe più pesanti: secondo un sondaggio  recente del Pew Research Center (agenzia apartitica che fornisce informazioni  su  questioni sociali, demografiche ed opinione pubblica)  ben il 45% degli  americana è contraria all’eliminazione del  divieto  di  commercio.

In questa battaglia tra i favorevoli e contrari  si inserisce una ricerca dell’Università del  Texas che dice sostanzialmente: l’uso protratto  nel  tempo  della marijuana riduce il volume della corteccia prefrontale implicata nella pianificazione dei  comportamenti  cognitivi  complessi.

Gli stessi ricercatori si premurano di  dire che ancora non è chiaro  se queste anomalie possono  causare deficit mentali oppure emotivi,  e se le stesse siano    legate piuttosto a fattori  genetici e ambientali che nell’uso prolungato della marijuana.

In Italia, dove la produzione di  cannabis terapeutica è affidata allo  Stabilimento  chimico farmaceutico  militare di Firenze, Gaetano  Di Chiara, farmacologo  presso l’Università di  Cagliari, parlando del principio  attivo  della cannabis e cioè il delta – 9 –  tetraidrocannabinolo (la cui  efficacia è potenziata dall’altro metabolita che è il cannabidiolo con proprietà sedativa, antinfiammatoria e antiepilettico) ha detto  che le piante coltivate oggi hanno il 15% in più di  THC e che il pericolo  di  assuefazione può essere grave e portare a casi  di overdose non mortali  ma egualmente pericolosi.

Dal punto  di  vista strettamente medico è poi Silvio  Garattini ad avvertire che l’uso  della cannabis provoca nei  soggetti più giovani  depressione e psicosi (sempre considerandone le dosi) e che il fumo  stesso una volta inalato  ha lo  stesso  effetto  tossico  delle sigarette.

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