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Archaeopteryx bavarese

Fossile di Archaeopteyx
– Museum für Naturkunde in Berlin

 

Un fossile di  Archaeopteryx  vecchio  all’incirca di 150 milioni di  anni, è stato  riportato  alla luce recentemente in Baviera.

La sua particolarità, cioè la differenza con  altri  fossili  della stessa specie, ha fatto  ipotizzare da parte dei paleontologi    che in Archaeopteryx  vi  fosse stato  nel  tempo  passato una forma di  speciazione, cioè quel processo  evolutivo  per cui  da specie preesistenti se ne formano  delle nuove

I siti  nella Germania meridionale dove  altri  fossili  di  Archaeopteryx  sono  stati rinvenuti fanno parte del Jurassic Limestone:  cioè una catena di  isole poste nel mare che, nel  Giurassico (199 – 145 milioni  di  anni  fa)  ricopriva quella  parte del territorio  tedesco.

Quando  nel XIX secolo il primo  fossile di  Archaeopteryx  venne scoperto per gli  scienziati  fu  immediatamente riconosciuto  come il più antico uccello conosciuto. Solo  negli  anni a seguire vennero  alla luce fossili ancora più antichi, di  altre specie, ritenute l’anello  di  congiunzione tra rettili ed uccelli.

 

 

Archeologia in Arabia Saudita

 

Harrat Khaybar Space.jpg

Immagine satellitare dell’Harrat Khaybar ripresa dalla Stazione Spaziale Internazionale durante la 16° missione

 

Sappiamo  che le famose Linee di  Nazca sono osservabili  nel loro  stupefacente insieme solo  all’alto, per tanto, considerando l’epoca in cui vennero  tracciate, tra il 300 a.C. ed il 500 d.C., si  ritiene un mistero di  come la popolazione di  allora possa averle realizzate.

Molte più antiche ed enigmatiche,  sono  altre strutture sorte migliaia di  anni  fa in Medio  Oriente: esse rappresentano  varie forme geometriche, per lo più raffiguranti circoli.

Le leggende della cultura beduina parlano degli  Antichi  uomini  come costruttori di esse, mentre sul  loro  utilizzo  gli  archeologi  ancora non si  sbilanciano ipotizzando il loro  uso  come recinti  cultuali o cimiteri.

In passato  gli  archeologi disponevano  per le loro ricerche solo  di  alcune immagini  aeree comprese in un periodo  tra la fine della Prima guerra mondiale  e la metà degli  anni ’50. Nel 1995 il presidente Bill Clinton  declassificò documenti  della CIA contenenti  immagini  satellitare del  Medio Oriente, tra le quali vi  erano anche quelle riguardanti i siti  d’interesse per gli  scienziati.

Oggi  è la tecnologia offerta da Google Earth che permette visualizzazioni  di immagini  molto più accurate.

Inoltre essendo Google Earth, insieme a Bing Maps, tecnologie usufruibili  da tutti, ecco  che anche appassionati  di  archeologia (sarebbe ingiusto  chiamarli  dilettanti  preferendo a questo  termine quello  di  amatori)  sono  scesi in campo  per dare una mano  ai ricercatori.

Così il dottor Abdullah al-Sa’eed ed i  suoi  colleghi  hanno dato  vita al  The Desert team con sede a Riyadh. Utilizzando  le immagini  ad alta definizione di  Google Earth, hanno  esplorato un enorme campo  di  lava posto nell’Arabia Saudita occidentale: l’Harrat Khaybar .

Questa esplorazione a distanza portò alla scoperta di innumerevoli  strutture fino  ad allora sconosciute.

La questione però è un’altra e, cioè, che le immagini  fornite da Google Earth  (e Bing Maps9  sono pur sempre bidimensionali e il loro ingrandimento, se pur alla massima risoluzione, non è sempre dettagliato per cui  la ripresa aerea rimane sempre un’opzione valida per la ricerca scientifica.

 

Scoperte misteriose strutture in pietra in Arabia Saudita

L’immagine satellitare mostra le misteriose strutture in pietra scoperte in Arabia Saudita
 – Credit Google Earth – 

 

In una regione centro occidentale dell’Arabia Saudita, l’Harrat Khaybar,  gli  archeologi  hanno  portato  alla luce quattrocento  strutture di  pietra risalenti a 7.000 anni  fa.

 

Le strutture in pietra , scoperte attraverso  le immagini  satellitari, sono  attigue ad un cono  di un vulcano  ormai  spento  che però, in passato, ha eruttato  lasciando strati  di  lava basaltica.

Il loro scopo è  ancora motivo  di  studio  da parte degli  archeologi della University of Western Australia, poiché ancora non si  comprende il motivo  per cui esse sono  state realizzate in una regione così inospitale.

Per questo motivo, essendo  gli  studi preliminari  condotti  solo  attraverso le analisi  delle immagini  satellitari, si pensa di realizzare quanto  prima un campo  archeologico formato  da un team di  scienziati  australiani  ed arabi.

 

Un terremoto per la Sacra Sindone

La Sacra Sindone

 

Ed ecco  che il velo  del  tempio  si  scisse in due parti  dall’alto in basso, la terra fu  scossa e le rocce si  spaccarono, i sepolcri  si  aprirono  e molti  corpi  di  santi che riposavano  resuscitarono, ed usciti  dai  sepolcri, dopo  la sua resurrezione entrarono nella città santa e si  manifestarono  a molti. Il centurione e coloro  che facevano  la guardia a Gesù, veduto il terremoto e quello  che avveniva, ebbero  gran  paura….    

Il brano  è tratto  dal Vangelo secondo  Matteo che, per  i  biblisti, è stato  scritto  da un anonimo  compilatore verso  la fine del  I secolo in lingua greca, utilizzando  come fonte la narrazione del Vangelo  secondo  Matteo e quella tratta dalla cosiddetta  Fonte Q.

Il tema di  questo  articolo non è però inerente alla storia dei  vangeli, quanto piuttosto il riferimento è quello  all’evento  sismico descritto  nel passo  del  Vangelo  di  Matteo.

Basandosi sui  dati  forniti dall’archivio  del National  Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), si può vedere come effettivamente vi  sia stato un terremoto  nella Palestina del 33 d.C.

 

Questo  tragico  evento. o per meglio  dire i  suoi  effetti  fisici, ha un legame con un simbolo  della cristianità: la Sacra Sindone.

La questione che la Sindone sia un falso  medievale, oppure l’immagine reale in negativo  di   Cristo, ha sempre suscitato  numerose diatribe tra le opposte fazioni in sostegno  dell’una o  dell’altra ipotesi.

Una ricerca del  2014, condotta da un team del  Politecnico  di  Torino guidata dal professor Alberto  Carpinteri,  ha messo in relazione il sisma con  la Sindone ipotizzando  che l’impressione dell’immagine sul telo  era dovuta all’emissione di  neutroni dovute alle onde di  alta frequenza generate nella crosta terrestre durante i terremoti.

La stessa radiazione, sempre secondo la tesi  dei  ricercatori, avrebbe in qualche modo  alterato  la concentrazione degli isotopi  del  carbonio 14 presenti  nel  tessuto  di lino falsandone, quindi, la datazione.

Naturalmente anche questa ricerca del Politecnico  di  Torino è solo un’ipotesi  che non fornisce la certezza assoluta sulla originalità della Sindone.

I recinti di Avebury più antichi di Stonehenge

Veduta aerea degli scavi nei pressi di Avebury

Non passa giorno  che nuove scoperte archeologiche stimolano  la curiosità e la fantasia solo  perché vengono pubblicizzate dai  media con l’aggettivo  di misteriose.

Ed è questo l’esempio  di una scoperta risalente agli  anni ’80  avvenuta  ad Avebury, a soli  37 chilometri  dal  sito di  Stonehenge.

 

Durante i lavori  di posa di una pipeline vennero  alla luce i resti  carbonizzati di due enormi  recinti protetti  da palizzate in legno.

Un successivo  ritrovamento  di  un manufatto  in ceramica all’interno  di uno  dei  due recinti, e la sua datazione attraverso  analisi del  carbonio,  determinò una datazione intorno  al 2.500 a.C., cioè coevo  ale prime pietre erette di  Stonehenge.

Con il passare del tempo  anche le analisi  al  radio  carbonio  si  sono  affinate, per cui, una successiva stima su  altri  manufatti  ed ossa di  animali ritrovati in loco, retrocede di ottocento  anni  la prima datazione effettuata con il vecchio  metodo.

Sull’utilizzo dei  due recinti  si  sono  fatte alcune  ipotesi, una di  esse parla di luoghi  di  ritrovo connessi ad antichi  riti legati alla caccia.

Comunque sia, tutta la zona attorno  ad Avebury è ricca di siti  archeologici la cui fruizione è ancora da chiarire.

 

Un antico e misterioso megalite scoperto in Russia

Il megalite raffigurante un grifone ritrovato nella regione dell’Altaj (Russia)

 

Bisogna aguzzare la vista per scorgere nell’immagine il profilo di un grifone scolpito  nella roccia:  dietro  alla sua realizzazione rimane il mistero del popolo che lo  ha realizzato.

La scoperta, avvenuta nel 2013 ma solo  recentemente resa pubblica, è stata localizzata presso il monte Mokhnataja a 20 chilometri  dalla città di Belokurikha nella regione di  Altaj  (Russia).

Per gli  archeologi l’età del megalite risale tra gli 11.000 e 12.000 anni fa durante l’ultima glaciazione (i  megaliti di  Stonehenge sono  stati  eretti  all’incirca 2.500 anni fa).

Gli  archeologi, comunque, rimangono   cauti  nell’attribuzione di una datazione certa fintanto  che non si  stabilisce qualcosa di più sulla civiltà che ha eretto il megalite  e che, molto probabilmente, ha un legame con una possibile migrazione forzata dovuta all’era glaciale.

 

I varani in Europa 800.000 anni fa

Varanus komodoensis

 

La famiglia dei  varani, di  cui  il drago  di  Komodo  è la specie più conosciuta, era considerata scomparsa dall’Europa all’incirca verso  la fine del  Pliocene, cioè 2,5 milioni  di anni fa.

Il ritrovamento trent’anni  fa  di alcuni  fossili in Grecia, a Tourkovounia vicino  ad Atene, e conservati  in una raccolta  custodita dall’Università di  Torino, sono  stati recentemente  riesaminati    dal paleontologo  greco Georgios Georgalis che ha stabilito la loro età risalente ad 800.000 anni  fa, quindi molto  dopo  la fine del Pliocene.

 

I fossili, un pezzo  di  cranio  ed uno  di  mandibola della lunghezza di pochi  centimetri, son stati  comparati anatomicamente ai  varani: certo le loro  dimensioni non erano  quelle del  drago  di  Komodo, ma molto inferiori forse come adattamento  ad un clima che diventava sempre meno caldo.

 

 

Un antico fossile di roditore scoperto in Siberia

I sedimenti del fiume Bolshoy dove è stato ritrovato il dente fossile dell’antico roditore

 

Partendo  dal  ritrovamento  di un unico   dente fossile,  della lunghezza di 2,6 mm, i ricercatori  dell’Università statale di  Tomsk (Siberia – Russia) pensano di  aver trovato un antico  antenato  degli odierni criceti.

Il ritrovamento è stato  fatto  nei  sedimenti del  fiume Bolshoy Kemchug nel  sud  di Krasnoyarsk, a soli  cinque chilometri  di  distanza da un cimitero  di fossili di  baby dinosauri molto importante per i paleontologi.

Ritornando al dente fossile dell’antico  roditore,  a cui  è stato  dato il nome di Baidabatyr ( dalla parola russa baydarka per barca o  kayak e batyr come eroe) ,   gli  scienziati sono  cauti  nel  dare una misura delle sue dimensioni partendo, per l’appunto, da quelle di un solo  dente, ma sono certi  di  far risalire la sua età a quella del Giurassico e fino al  Cretaceo  quando  si è estinto.

Sono  certi, inoltre,  che il roditore,  al pari  del moderno  ornitorinco, avesse degli speroni  velenosi  per difendersi  dai  predatori e che esso  rappresenti un ramo  estinto nell’evoluzione dei  mammiferi.

 


 

 


 

 

 

 

La vita: dal mare alla terra, oppure contemporaneamente?

 

Panorama della regione Pilbara – Australia occidentale
Foto Kathy Campbell / University of New South Wales

 

La teoria ricorrente dice che la vita sulla Terra si  è sviluppata da prima negli oceani, presso sorgenti  idrotermali,  espandendosi, quindi, verso  la   terraferma.

Potrebbe essere accaduto il contrario?

Considerando che le più antiche testimonianze della vita sulla Terra risalgono a 2,8 miliardi  di  anni  fa ( quelle negli oceani  sono  più antichi  all’incirca di un miliardo  di  anni), sembrerebbe accertata questa unidirezionalità nello sviluppo della vita.

Sennonché una recente ricerca della University of  New South  Wales  in Australia, ipotizza una certa contemporaneità nella nascita di microrganismi nell’acqua e in terra.

Infatti fossili  composti  da stromatoliti risalenti  a3,5 miliardi di  anni fa, sono  stati  ritrovati nelle rocce di un antico  vulcano estinto  nella regione di Pilbara nell’Australia occidentale.

Come, nel  caso  dei microrganismi  sviluppati  nella profondità degli  oceani, anche quelli terresti hanno  avuto  come culla sorgenti  idrotermali  che, una volta evaporate, concentravano gli  elementi necessari alla loro evoluzione.

 



 

Le tombe dipinte nella Cina della dinastia Liao

Un murale nella tomba scoperta nel nord della Cina. Credit: Chinese Cultural Relics

 

Ha  all’incirca mille anni  la tomba scoperta a Datong (nord della Cina), il cui  ingresso era stato  sigillato  con un muro  fatto  di  mattoni.

Al  suo interno gli  archeologi  del Datong Municipal Institute of Archeology, hanno rinvenuto un’urna posta al centro  della tomba con i  resti di una cremazione riguardanti un uomo  ed una donna (gli  archeologi pensano  che fossero  marito  e moglie).

Quello che però ha stupito  gli  studiosi, è una serie di  murales intorno  alle pareti  della tomba molto  ben conservati  nonostante  sia passato più di un millennio.

Le figure rappresentate sono quelle di  servi, animali  (gru) e immagini  di  abbigliamento  con i loro  colori  vivaci.

Il team ritiene che la tomba risalga alla dinastia Liao  (907 – 1125 d.C.), meglio conosciuta come impero  Kitai regnante  sulla Manciuria e la Mongolia e su parte della Cina settentrionale e che essa può servire a comprendere meglio il modo  di vivere durante quel periodo.

 


 

 


 

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