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Sir David Attenborough e le farfalle

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L’estate scorsa, in Friuli a Tramonti di  Sotto, ci siamo imbattuti nella farfalla ritratta nell’immagine di apertura.

Era un esemplare dalle dimensioni  notevoli rispetto  alle farfalle ”nostrane”  che abitualmente ci  capita di osservare, ed è  per questo motivo che  abbiamo  richiesto  all’Istituto di  zoologia dell’Università di Genova e ai  curatori  del  sito Polyxena di conoscerne l’identità: entrambe le risposte hanno  concordato  che si trattava di una , specie di origine asiatica fuggita da qualche allevamento privato.

L’unica farfalla che in Italia si  avvicina a queste dimensioni extralarge, sempre secondo  le risposte forniteci  dagli esperti, è la Saturnia pyri, la più grande falena d’Europa.

Peccato: speravamo  di  dare il nostro nome ad una nuova specie.

Cosa che è capitata a sir David Attenborough, noto divulgatore scientifico autore di numerosi  documentari  naturalistici di  alto  livello ,  che si  è visto  attribuire il proprio  nome ad una nuova specie di  farfalla da poco  scoperta in Amazzonia: Euptychia attenboroughi (nella foto in basso).

Euptychia attenboroughi

Euptychia attenboroughi

La farfalla vive in un area di  500 chilometri nella foresta tropicale del  bacino  amazzonico tra gli  stati  del Brasile, Colombia e Venezuela.

Non è la prima volta che gli  scienziati  dedicano a sir David Attenborough la scoperta di una nuova specie, ma è la prima volta per una farfalla ad avere questo onore.

Le giraffe comunicano, oppure russano?

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Al pari  dei branchi  di lupi, in  cui gli   appartenenti di un   branco   comunicano   attraverso gli  ululati, da una recente ricerca sembra che vi sia   qualcosa di  analogo  tra le giraffe.

Ritenuti animali  con una gamma di  vocalizzazioni molto ristretta, le giraffe hanno  sorpreso gli  zoologi  durante una ricerca svolta in tre zoo europei: durante la notte esse emettono un suono dalla tonalità molto  bassa e, in un certo  qual modo inquietante (a fine articolo  la traccia audio del  suono emesso  da un giraffa durante la notte).

Per alcuni  dei ricercatori  questa vocalizzazione,  come appunto  accade per i lupi, serve a mantenere il contatto  tra i membri  del  branco e, al  contempo, trasmettere informazioni.

Per altri  ricercatori questo  ronzio non è altro che il “russare” dell’animale durante lo stato onirico.

 

Il “blob” del calamaro

Calamaro  rosso

Calamaro rosso

 

Sorpresa, curiosità ed anche un pizzico di  timore sono le emozioni  che, al  largo  delle coste della Turchia, alcuni  subacquei hanno provato scoprendo una sfera gelatinosa e trasparente del  diametro  di  quasi  quattro metri.

Tralasciando  spiegazioni  al limite della fantascienza,  a mettere forse fine al mistero  sulla natura del “blob” è stato il dottor Michael Vecchione,  biologo  marino  presso lo Smithsonian Museum of Natural History: per lo  scienziato si  tratta di un enorme massa composta da uova di  calamaro, in special modo  della specie Ommastrephes bartramii  detto  anche calamaro  rosso  volante molto  raro  nel  Mediterraneo.

Già nel 2008, nel  Golfo  di  California, venne trovata una massa dalle dimensioni  analoghe a quella scoperta  nelle acque della Turchia: essa conteneva all’incirca due milioni  di  uova di  calamaro. L’eccezionalità di  queste scoperte sta nel  fatto  che solitamente queste masse si  trovano  in acque molto  profonde e, quindi, non facilmente avvistabili e solo  occasionalmente in acque poco  profonde.

 

 

Il Giardino Botanico di Pratorondanino

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Nel 1979 un gruppo  di  appassionati amanti  delle orchidee diede vita al G.L.A.O. (Gruppo Ligure Amatori  Orchidee) il  cui  fiore all’occhiello è il Giardino  Botanico di  Pratorondanino nel territorio  del  comune di  Campo  Ligure.

Dal 1998 il Giardino  Botanico di Pratorondanino è inserito  tra le aree protette regionali. La gestione fu  affidata alla stessa G.L.A.O. con la supervisione (e contributo finanziario) della provincia di  Genova.

Con la  nascita della Città metropolitana di  Genova, il passaggio  di  gestione dalla Provincia al nuovo  ente non dovrebbe avere  problemi: a giorni  Marco  Doria,  sindaco  di  Genova, visiterà il sito per confermarne l’interesse verso questa importante area naturale protetta.

Di  altro  genere, invece, è la preoccupazione dei soci  del G.L.A.O.: i trentasei  anni  di  attività pesano  sull’inesorabile avanzamento  dell’età anagrafica. In poche parole la voglia di  fare, impegnandosi anche fisicamente, si  scontra con un naturale decadimento  delle forze. Il testimone, per fortuna, è stato  raccolto da giovani  laureati  che, con uguale passione e caparbietà, si  stanno impegnando a continuare l’opera di  conservazione e divulgazione scientifica nata con l’istituzione del Giardino  Botanico.

Il Giardino è caratterizzato  da una collezione che non riguardano  solo  le orchidee: in esso si possono ammirare piante provenienti da diversi ambienti (dai  deserti  fino a zone glaciali) fino  a raggiungere le 400 specie (vedi box). Al  suo interno, inoltre, è presente uno  chalet in legno dove svolgere didattica per le scuole e per i  visitatori.

Il Giardino  Botanico  di  Pratorondanino è aperto  da aprile a settembre con visite guidate a partire dalle ore 14.30 nei  weekend (ingresso e guida gratuiti).

Per raggiungere la località in auto  bisogna uscire al  casello  di  Masone seguendo le indicazioni per Pratorondanino.

Molto più interessante è arrivare attraverso due percorsi  escursionistici della durata di  un paio  d’ore: il primo  parte da Masone, iniziando  da via Romitorio (segnavia rombo  giallo pieno), proseguendo il crinale settentrionale della val  Vezzulla. Il secondo parte da Campo Ligure (raggiungibile anche in treno, linea Genova – Acqui) seguendo il segnavia composto da due linee orizzontali  gialle. Questo itinerario  si  congiungerà con quella proveniente da Masone alle pendici  del monte Tacco (Cappelletta).

L’’occasione per visitare il Giardino  Botanico di  Pratorondanino  potrebbe essere quella del 7 giugno (prima domenica del mese) per la festa annuale “Odori, sapori e tradizioni in Giardino”.

Per informazioni: Tel.: 349-4514888/010-6988624 E-mail: [email protected]

 

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Per un ragno così ogni paura è giustificata

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Per aracnofobia s’intende una paura irrazionale verso i ragni: è sottinteso che per le persone colpite da questa fobia (tra le quali  anche lo  scrivente) è difficile comprendere che, in fin dei  conti, si  tratta solo di  “creature viventi” con qualche zampa in più e peli  sul corpo.

Si può anche essere presi in giro se a causare le palpitazioni sono i “ragnetti” di casa nostra, ma siamo  sicuri che alla vista delle dimensioni  del ragno  ritratto  nell’immagine,  anche il più coraggioso e spavaldo “Indiana Jones” avrebbe qualche timore (il personaggio in questione lo aveva per i  serpenti).

La foto è stata scattata dall’entomologo Piotr Naskecki che, per conto del Museo  di  zoologia comparativa della Harvard University, si  trovava nella foresta pluviale della Guyana.

Come in una scena di un film dell’orrore, lui ha incontrato il gigantesco  ragno di notte: aveva sentito  un qualcosa muoversi  tra il fogliame  e, pensando ad un roditore, si è trovato  di  fronte all’esemplare che ha poi  fotografato.

Anche se è molto  difficile fare simili incontri (per lo meno  non alle nostre latitudini), il ragno non è il risultato  di un test atomico: è comunemente conosciuto  come Goliath birdeater (Theraphosa blondi) le cui  dimensioni raggiungono  i trenta centimetri   per il corpo  (la femmina mentre il maschio  è più piccolo di  qualche centimetro) e i 170 grammi di peso.

Se stuzzicato ha un modo  tutto suo  per difendersi: strofina le zampe posteriori contro il suo  addome rilasciando peli urticanti  che al  contatto  di mucose e occhi risultano  essere molto  dolorosi e pruriginosi.

Anche le sue “zanne”, i cheliceri,  possono incutere timore e dolore: sono lunghe cinque centimetri e il morso è doloroso “quanto un chiodo piantato in una mano”: così dice Naskecki (esperienza personale?).

Nonostante tutto il Goliath birdeater non è velenoso e la sua dieta, anche se il nome fa pensare che sia a base di uccelli, è composta da rane ed altri insetti  con una predilezione per i lombrichi.

 

 

Chi ha paura del lupo che cattivo non è più?

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Chi ha paura del lupo che cattivo non è più?

Certamente, e a ragione, gli allevatori che si  sentono minacciati dalla presenza del predatore.

Forse i cacciatori i quali, pensando  alle loro possibili prede, vedono  nel lupo un antagonista  per la caccia: ma i lupi, in effetti, più che altro  cacciano  animali vecchi  oppure malati e solo occasionalmente individui  sani.

I cacciatori  sono meno  selettivi.

Per tutto il resto, avere paura del lupo oggi è anacronistico: è “lui” ad aver paura dell’essere umano che l’ha portato alla quasi estinzione.

Riprendendo l’argomento riguardante la predazione negli  allevamenti, quando questi  non sono  causati  da branchi  di  cani  rinselvatichiti, si  ricorre ai  ripari offrendo un giusto indennizzo per l’allevatore che ha subito un danno  dalla predazione e, nel  contempo, offrendo la possibilità di dotarsi  di appropriate difese,  quali  recinzioni  elettrificate e cani  da pastore (con adeguati  corsi per gestire al meglio l’animale che avrà il compito  di  difendere i l gregge, e non azzannare innocenti  escursionisti).

Non tutte le regioni interessate dal  fenomeno  del “ritorno  del lupo” sono preparate ad affrontare al meglio la situazione, fornendo  anche un adeguata informazione sul predatore necessaria per sgombrare il  campo  da equivoci  e false credenze (qualcuno parla ancora li  lupi “paracadutati” da incoscienti  animalisti).

La Regione Marche, in occasione dell’Anno internazionale della Biodiversità, ha messo in atto una serie di iniziative tra le quali il progetto per una Rete Ecologica Regionale per individuare ecosistemi,  habitat e specie:  tra questi il lupo,  fondamentale per l’equilibrio  biologico essendo al vertice della catena alimentare.

Il risultato di  questa ricerca è quella di acquisire nuove informazioni sul lupo necessarie per approntare in modo  adeguato i problemi  sulle attività antropiche (vedi  box).

Il Parco Nazionale della Majella, insieme a quello  del Pollino  e Foreste Casentinesi ed ancora altri enti pubblici, insieme hanno  dato  vita al progetto Life Wolfnet finanziato  dall’Unione Europea, nell’ambito  del LIFE+ 2008, che ha come obiettivo principale la riduzione dei  fattori  di  rischio  per il lupo, lo sviluppo di modelli ideali  per la sua protezione e gestione della specie nell’ambiente appenninico.

Una labile vittoria per le nostre api

 

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Nella giornata di  ieri 29 aprile, la maggioranza dei Paesi UE (con esclusione non comprensibile dell’Italia) ha votato  a favore di un bando parziale nell’uso  di  pesticidi responsabili  dell’uccisione delle api.

Tali pesticidi neonicotinoidi sono il Clothianidin, l’Imidacloprid e il Thiametoxam  (prodotti dalla Bayer e dalla Syngenta).

La vittoria esprime la forza di una mobilitazione che ha visto partecipare insieme mondo  scientifico, politico  e civile: adesso  bisogna solo  aspettare che la Commissione Europea confermi ufficialmente il divieto.

Bisogna, però, ricordare che il provvedimento è temporaneo e cioè della durata di  soli  due anni: tale breve periodo  è insufficiente per permettere una ripresa numerica delle popolazioni di insetti impollinatori.

La limitazione dei  pesticidi, inoltre, è valido  solo alcune colture: mais, colza, girasole e cotone.

Quindi, in ultima analisi, la battaglia per salvare le nostre api (e la nostra salute) è ancora lunga.

Ragni contro vespe: combattere per sopravvivere

 

"Wasp and spider" author: Tony Wills

“Wasp and spider”
author: Tony Wills

Se per voi i ragni costituiscono motivo di ansia e paura, vi consigliamo di non guardare il video proposto: in esso una tarantola combatte contro una grossa vespa appartenente alla famiglia delle Pompilidae.

Lo scopo della vespa è di paralizzare il ragno con il suo veleno e inoculare nel corpo le sue larve.

Da quel momento in poi lo sfortunato insetto  diventerà una dispensa vivente per le future vespe.

Un soggetto  degno di un film horror

 

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